POTERE INQUIETANTE

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

POTERE INQUIETANTE

Un certo Kafka ha dato a Orson Welles l’estro per un capolavoro, “Il processo”. C’è più traccia di simili opere nell’attuale cinema? Per ricordare grandi nomi illustri dovremmo cominciare da Thomas Mann che al Lido, all’Hotel Des Bains, frequentato da Marcel Proust, concepì “Morte a Venezia” da cui Luchino Visconti ha tratto un bellissimo film. Questa festa del cinema non c’è più. Non c’è più la carica di aggressività volta al futuro e in intrepida ricerca. Grazie alla spartizione partitica, la selezione professionale ha cessato di esistere. Il meccanismo di questa professione si è inceppato. Non esiste la figura del produttore; quelle che ricorrono nei titoli di testa delle pellicole sono appaltatori dei soldi dello Stato. Soldi che non vanno più a chi “gira” negli studi di Cinecittà, ribattezzata in questi giorni “Fine-città”. La Borsa del cinema, quella degli affari segna cali vistosi. Il cinema a Venezia fa pensare a una cosa vecchiotta, ormai di scarso interesse. Dunque, basta? Tutto è finito con lo sfasciarsi dell’idea di cinema come arte, il ruzzolone del suo angusto prestigio nella pattumiera della storia. Del cinema-arte resta soltanto il ricordo, un ricordo di una coabitazione forzata tra creatività e commercio.

Si realizza con la televisione il “Sogno della merce”, titolo di Jean Baudrillard, dove si dimostra che la televisione vuol collocarci – raccontando il psicodramma quotidiano – nel teatro delle merci. Il telespettatore guarda merce ed eventi con la stessa freddezza emotiva, alimentata dall’asservimento televisivo che ci ha, ripetiamo, ridotto, ha scritto Aldous Huxley, a “carne da televisione”. Umberto Eco ci mise in “guardia da un potere che ci inquieta, un’impresa acefala che sta riducendo la libertà di ciascuno”. L’arrivo della televisione  e di tutte le tecniche della comunicazione in “tempo reale” invece di offrirci una insperata felicità ci chiude in maniera ferrea in una prigione mentale. Ci troviamo in un universo nel quale si dà sempre più informazione e sempre meno senso.
 

MAURIZIO LIVERANI