PROSPETTIVE NEVROTICHE

di Maurizio Liverani

Nella sua “Repubblica” Platone dimostra come la natura non ha creato né calzolai né fabbri. “Come può uscire un senatore da una bottega?”, si domandava Cicerone. La schiavitù suppliva i bisogni primari dell’uomo; ma il “liberto”, se dimostrava inclinazione all’arte, allo studio, veniva emancipato. L’aristocrazia, nella concezione degli antichi greci e degli antichi romani, non era una forma di oppressione sui più deboli e meno dotati. Lo sfruttamento è subentrato con la fine dell’aristocrazia; oggi i posti di comando nelle grandi aziende sono affidati ai rampolli delle classi agiate. Se alla guida dell’Alitalia un dirigente aristocratico fallisce, gli viene affidato un altro incarico di rilievo. Nel caso di un ulteriore fallimento, gli verrà accordato un centro di potere di pari grado. Il vero aristocratico nella concezione umanistica è colui che si preoccupa di far vivere bene chi non è sfuggito al cerchio della mediocrità. L’aristocrazia antica “liberava” Virgilio e Orazio e si beava alla voce dei loro “canti poetici”. La condizione umana dello schiavo non era quella dei deportati dall’Africa né quella dello sfruttamento subentrato con l’industrializzazione. Il progresso della tecnologia ha portato una progressiva riduzione del lavoro manuale e una riduzione del tenore di vita. Come? Leggete “L’elogio dell’ozio” di Bertrand Russell. Nell’economia dell’ozio si vagheggia il sogno di Henry Miller: “Voglio morire come città per rinascere come individuo”. Sia l’economista Lautremont, parente di Marx,  che Miller erano allarmati del degrado umano, oltre che ambientale, del “Mondo nuovo”, che terrificava Aldous Haxley, lo scrittore inglese il quale intravvide un’umanità che da “carne da cannone” diventava “carne da televisione”. A una visione apocalittica si contrappone uno schermo radioso soltanto se i vari simboli del benessere materiale si coniugano a quello spirituale, a quello giocoso di chi vuole vivere in serenità. Al vivente non si può togliere il gusto dei piaceri naturali, degli hobbies e persino delle divagazioni epicuree, senza imbruttire il mondo. Se si altera l’equilibrio tra ”homo faber”, ”homo sapiens” e ”homo ludens”, l’umano è dimezzato; l’”io” di ognuno di noi è fatto di questi tre componenti. Se manca un elemento dei tre abbiamo l’homo nevrotico e, infine, il trionfo della ferocia.

Maurizio Liverani