di Maurizio Liverani
Chi non ha un partito alle spalle si trova nella situazione di innalzarsi sugli altri. Va detto che la crisi dei partiti è giunta a tal punto da eclissare completamente il panorama partitico. Sino a qualche tempo fa un intellettuale si presentava nelle varie redazioni e per segnalare il suo prestigio aggiungeva il partito di appartenenza. Quell’attestazione non richiesta gettava sul malcapitato un tale discredito che da allora il politico di professione non declina, quando può, la propria adesione a un partito. Passare per un politico senza partito è una bella trovata; non avendo un leader, una segreteria alle spalle niente lo nobilita ma tutto lo innalza. A Bruxelles si è arrivati al punto di vergognarsi del colore politico che ha spinto un eminente a occupare una poltrona. Ciriaco De Mita cerca di non brillare nella grande aula europea perché rappresenta il centrosinistra, lui che è stato uno dei fondatori della Dc negli anni ’50. Ai maligni della stampa interessa teatralizzare comicamente la figura di un eurodeputato spadellando tutto il suo passato. Entrati nel vortice di una ostilità chiacchierina, c’è chi teme l’avversità dei colleghi. E’ stato sempre il colpo segreto dei vecchi comunisti rivelare le adesioni tramontate per gettare discredito sugli “alleati” europeisti. L’Europa unita è pilotata da un lussemburghese che ha preso il posto di un autorevole tedesco; un lussemburghese non avrà mai, chissà perché, il prestigio indispensabile di “uomo della provvidenza” o della “svolta”. Chi entra in questo conclave ha la mentalità del piccolo borghese che ha trovato, inspiegabilmente, un buon posto; che ha fondato la propria piattaforma comunitaria su elettori in pantofole, amanti dei reality, delle farse televisive e che all’utilitaria vogliono aggiungere la fuoriserie. Quando in un piccolo centro, per invidia da basso impero, un candidato a sindaco che non avrebbe voti per espugnare la carica si pensa di spedirlo in Europa; in quel parlamento che garantisce agli eletti ampie comodità al punto che chi non vuol essere “trombato” nella sede nazionale supplica di essere dirottato lassù. Là potrà sfuggire agli schemi ideologici d’obbligo e alle insolenze dei barricaderi. Fanno bene le televisioni ad invitarli con frequenza crescente nei dibattiti; penetrano più facilmente il mistero della simpatia che gli eletti rimasti nel Paese di origine non riescono di raggiungere non avendo mai cessato di sentirsi mediocri, contingenti e trascurabili.
Maurizio Liverani