QUANDO NELLA POLVERE, QUANDO SUGLI ALTARI

di Maurizio Liverani

Se fosse obbligatorio per ogni politico superare un esame di competenza e preparazione, quasi nessuno avrebbe titoli sufficienti per ricoprire alte cariche. Di singolare, in Italia, c’è un dato: più un uomo politico è privo di preparazione e più, per contrasto, si crede investito di autorità. Vale la legge dei trapassi sentimentali: un amante, di colpo, scade a cicisbeo. E’ accettabile la sorpresa di Vittorio Sgarbi il quale, d’improvviso, scopre che nel Pd c’è un personaggio che si autoproclama ministro degli Esteri (in prospettiva di una nuova consultazione) senza aver presentato alcuna credenziale. Questo personaggio ben paffuto si è tappato dentro, come un mollusco, nel “ministero” e ha tutta l’aria di aver lavorato sodo e che quindi meriti di restare autorevole in campo internazionale per tutta una legislatura. Non gli è stata contestata questa auto-elevazione al “soglio” delle relazioni internazionali; qualche sospetto lo si legge negli occhi di chi ha a lungo pianto per questa sopraffazione che ha vanificato i suoi sogni di gloria. L’interessato, con piglio autorevole, si propone come esempio di serietà e di rettitudine; ha anche un buon corredo di espressioni elevate. Ricorda Sandro Pertini il quale aveva un “bigoncio” di parole alate; arrivò a confessare che era il solo modo per far bella mostra di sé. “Crede a tutto ciò che dice: andrà lontano”, è la frase di Mirabeau. Quando era presidente Oscar Luigi Scalfaro, Clemente Mastella fu mortificato in parti di “intrigante”; tolto Scalfaro dal Colle, fu rivalutato e catalogato nella categoria dei “super partes”. Tra gli occupanti delle poltrone di Montecitorio ci fu subito chi inneggiò ai suoi trionfi. Allo stesso modo, Matteo Salvini, sere fa, è apparso in video per parlare della sua amata squadra, il Milan, ricevendo dai giornalisti presenti consensi ed elogi non lontani da quelli che accompagnarono il duce dopo la conquista dell’Abissinia. Salvini ha ringraziato tradendo un certo imbarazzo, poi ha fatto gran uso del rilievo e dell’egemonia che gli venivano riconosciuti. Abbiamo avuto la conferma che, da noi, appena si è sfiorati dal vento di una “gloriola” si fruisce del consenso che accompagna i grandi condottieri. Nell’insieme si è riproposto il gusto del plauso incondizionato; il guaio è che se l’esaltato è trombato riceve all’istante bordate di insulti. E’ legge questa; si passa dal trionfo alla polvere e  nel volgere di poco tempo si fa il percorso inverso. Chi è passato diverse volte attraverso queste forche caudine accentua soltanto la sorpresa, ben lieto che gli venga, però, restituito un rispetto che di solito è definito carismatico, cioè non più tenuto a freno. Chi assiste si divide in due schiere: chi è consapevole del gioco, chi, invece, crede in quegli elogi immeritati. Il tempo, nel caso di Mastella, ha fornito prove delle sue “qualità”. A volte ha la maschera del bersaglio, sempre sprezzante e fiducioso con se stesso; a volte passa al contrattacco, proponendosi come esempio di serietà e rettitudine. Oggi, nella scala dei valori è a buon punto, in compagnia di sberleffi. L’importante per l’interessato è di essere rientrato come un mollusco nel guscio delle persone che è bene rispettare. Se si mostra incertezza, la relativa fortuna si vanifica di colpo. Di questo fenomeno ne ho parlato diffusamente nel libro “Buffonismo all’italiana”, dove sono illustrati casi di pretese ideologiche inevitabilmente accompagnate da una riconosciuta autorevolezza. E’ bello sentirsi sfiorati dal “respiro della storia” e ritenersi illustri. Il disguido viene da questo: l’immensa maggioranza degli uomini non ha vita propria e perciò desidera, ambisce, vuole la vita altrui.

Maurizio Liverani