FATEMELO DIRE
“E’ il momento di Matteo Renzi, regoliamo gli orologi”. E’ la battuta che accompagna l’apparizione di quelle personalità che, guadagnata la ribalta, al successo personale vogliono dare le stigmate della sacralità. L’ex sindaco di Firenze è temuto e invidiato da quando, dopo una riunione-voto a via del Nazareno, sopravanzò Enrico Letta, democratico di origini democristiane. Renzi, uscito poi dal partito, si è atteggiato a continuatore mettendosi parecchie spanne lontano dalla casa madre. Il personaggio non è e non sarà mai un comprimario. C’è da chiedersi se merita di raggiungere la vetta come premier o si limiti a pavoneggiarsi negli stati maggiori della politica. Con quale simbolo? Quello che sceglierà lui. Gli viene riconosciuta una forma di cesarismo, una vertigine del successo. Rivelando incertezza sulla via da intraprendere, accade di vederlo improvvisamente alonato di prestigio e di singolari capacità. Quando sembrava essere in disgrazia, si è comportato come un pavone, enunciando precetti politici che lo portarono ad allinearsi con Berlusconi, per far da detonatore, capace di aprire la strada a un inciucio. In lui, come in altri del Pd, echeggia il “murmure” del compromesso storico. Oggi si agghinda di una certa destrezza ideologica; le sue parole, che prima cadevano nel vuoto, ora sono una risorsa per chi spera si instauri, finalmente, un governo democratico. In attesa, Renzi è uscito dallo “splendido” isolamento, fiero delle sue capacità. In sostanza, ha deciso di sconfiggere (almeno in se stesso) l’antipatia che i rossi suscitano da tempo in molti italiani. Matteo vuole che la clonazione del Pd sia opera sua, non di altri. Gli ex – ne abbiamo ormai la conferma – sono soltanto un groviglio di contrasti come cariche di tritolo. Renzi potremmo definirlo un social-liberale; le sue mosse tattiche danno il fumo negli occhi. E’ così astuto che, dopo essere stato svillaneggiato da amici e nemici, appare come un coscritto brillantissimo in un reggimento di ex zoticoni. Gli ex, i post, i neo comunisti lo paragonano a un kamikaze che sgrana lugubremente tutto il suo rosario di contumelie contro la sinistra legata al passato. In Italia, i ruderi del comunismo dovrebbero conquistare la vittoria da “morti” nel momento in cui dall’arcipelago asiatico ci viene la conferma che è un “flatus vocis, idola mentis”, al punto che non esisterebbe se non ci fosse la parola che lo designa. E’ un fumo errante che ha cercato una sede in Europa trovando maggior ostacolo in tipi come Renzi. Il fatto è che Matteo è un longanesiano autentico, cioè capace di realizzare il miracolo di essere a un tempo in posizioni diverse: a sinistra, al centro, a destra. Auguri.
MAURIZIO LIVERANI