FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
QUESTA E’ LA STRAGE DELLE ILLUSIONI
Nelle giovani generazioni molti studiosi ravvisano una tendenza alla dissoluzione della persona, all’aggregamento, alla vacanza della mente e dell’anima. E’ indice che siamo alla fine di qualcosa? E’ la fine che intravvedeva Anton Cechov e che Giacomo Leopardi vedeva nella “Strage delle illusioni”: “O l’immaginazione tornerà in vigore e le illusioni riprenderanno corpo e sostanza e la vita tornerà ad essere cosa viva e non morta, o questo mondo diverrà un serraglio di disperati e forse anche un deserto”. Con illusioni e immaginazione Leopardi intende le “favole antiche”, l’infanzia dell’umanità nel senso che senza le grandi idee, le grandi idee-forza questo mondo diverrà un serraglio di disperati. Il mondo sta morendo per l’abdicazione dello spirito; ridurre gli studi umanistici a vantaggio della manualità è una ulteriore rinuncia alla vita interiore. E’ un modo di impostare il mondo sopra una base puramente materialistica. La manualità, mentre può essere un corroborante della vita dello spirito, portata all’eccesso soffoca e annulla questa vita. Cechov prende il “testimone” che gli offre Leopardi e la corsa verso questo serraglio e verso il deserto. Nello “Zio Vania” c’è un finale che ci collega idealmente a “L’infinito”, all’ultimo verso “Il naufragar mi è dolce in questo mar”. Sonia dice: “Che cosa vuoi fare, bisogna vivere… sopporteremo con pazienza le prove che ci manderà il destino… quando sarà la nostra ora guarderemo indietro con tenerezza sorridendo… e la nostra vita sarà tranquilla, serena, dolce come una carezza. Riposeremo”. Prima gli studiosi di cose teatrali, poi gli ideologi si sono impegnati a vedere in Cechov la fine di una classe sociale e il punto d’approdo e il percorso teatrale della storia. Il “testimone” torna a Leopardi che esorta a dare sostanza alle cose, credito alle religioni, alla bellezza e alla grandezza. Il “testimone” torna a Cechov e di nuovo a Leopardi, incessantemente. La linea che congiunge due punti fondamentali, nascita e morte, grazie all’arte, non è retta bensì è un arabesco di speranze, di illusioni, disegnato da tanti altri “grandi”. Tra questi grandi, Majakovskij, per il quale il reale è sbagliato; si è suicidato.
MAURIZIO LIVERANI