di Maurizio Liverani
Nella corsa alla carica di sindaco di Roma sembra che i partiti stiano licenziando l’odio, cardine fondamentale del marxismo. L’odio non è più di moda perché non è più chic nella mondanità romana. Tutti sono stanchi di tormentarsi con questo sentimento che perde di anno in anno vigore. Sopravvive soltanto nei contrasti d’affari e familiari. Tra gli snob che anni fa gli hanno ridato fiato l’odio non ha più alcuna virtù esplosiva. Vale la massima: a che pro dire male delle donne che non sono belle? Bisogna abituarsi a ridere di tutto quello che un tempo ci riempiva di rabbia. Solo un cervellino può vedere in Bertolaso un fascista. Ha l’aria di un capocantiere che porta senza albagia i titoli di merito che si è guadagnato; ha una grande risorsa di energia, non invidia alcuno. Si intende anche con gli avversari alla corsa al Campidoglio. Anche con Alfio Marchini, che ha un’altra estrazione e si è dato una preparazione teorica. Entrambi non sono sfiorati dal sospetto di ambiguità. Giorgia Meloni, donna intelligente, si è adattata al nuovo clima. Adesso che conosce bene sia Bertolaso sia Marchini, non è più incline a conflagrazioni politiche. Con la grazia di una bella signora, è portata ad accettare di mettersi da parte. Propendendo per Bertolaso, per non spiacere a Silvio Berlusconi, non prende partito; prova a dare la sua collaborazione non soltanto per sentimentale ammirazione. Silvio è oggi amico di tutti; si vocifera che dia ascolto al suo “nemico-intimo” Renzi. Accetterebbe persino un candidato Pd o anche un facsimile ideologico ad Alfio Marchini. E’ nella fase più imbarazzante della sua vita: scegliere una tra tre persone tutte di suo gradimento. Con tutti i suoi prediletti, da qualche giorno, scambia occhiate piene di mutua comprensione. Sembra di essere tornati (oppure lo si è ancora) al Patto del Nazareno. Comunque vada a finire gli si attribuirà (o si attribuirà) il merito di aver dato un nuovo sindaco alla Capitale.
Maurizio Liverani