QUO VADO?… IN FRANCIA

di Maurizio Liverani

Il miracolo del film “Quo Vado” con Checco Zalone, che ha incassato oltre sessantacinque milioni di euro, quest’anno purtroppo non si è ripetuto. Ce ne dà notizia LA GIORNALISTA Maria Elena Zanini sul supplemento  economico del “Corriere della Sera”. Come accade delle volte per il miracolo di San Gennaro, il sangue nella teca non si è disciolto. “Quo Vado”, con il suo successo commerciale, aveva ridestato speranze e, invece, nella stagione in corso non c’è stato alcun fenomeno Zalone. Questa è la stagione con meno entrate per il cinema italiano, ci informa Camilla Nesbitt, amministratrice delegata di “Taodue”. Il malloppo statale è sempre in mano ai soliti noti; il ministro Franceschini deve registrare una flessione del 15% all’interno del mercato globale, scrive ancora Maria Elena Zanini la quale aggiunge: “In Italia la situazione è, però, esasperata da un tessuto cinematografico incapace di fare sistema… Il valore stimato del mercato nero è di seicento milioni l’anno, una cifra enorme che dà un’idea dei danni prodotti dalla pirateria, ma anche dell’inadeguatezza del mercato”. Una sensazione di disfacimento e di frantumazione torna a gravare sul cinema italiano. Sono in aumento i critici per i quali il nostro cinema è in coma irreversibile; conosce, dopo la parentesi felice di “Quo Vado”, un’agonia senza epilogo. Con troppi film brutti, ma che spesso incassano bene (proprio perché sono brutti) si potrebbe garantire la sopravvivenza di qualche buon film. Il cinema italiano nel suo insieme è un’industria cronicamente passiva. E’ instabile: chi ci investe il proprio denaro, per dormire sonni tranquilli, produce pellicole intrise di cattivo gusto. Chi invece attinge al pozzo statale, cercando di realizzare opere di qualità, non bada a spese. Dato il basso livello del gusto del pubblico il flop è assicurato. Poco male, tanto paga lo Stato. Tra le tante spiritosaggini dell’ex democristiano Mario Melloni, quando era -prima di diventare il Fortebraccio dell’”Unità” negli anni 60- direttore di “Paese Sera”, ne ricordo una molto saporita. Dovendo il quotidiano paracomunista occuparsi della svendita a gruppi privati delle sale cinematografiche statali, Melloni mi incaricò di effettuare un’inchiesta attenendomi alle informazioni fornitemi dall’onorevole democristiano Franco Evangelisti. Il simpatico (a’ Fra’ che te serve?) Evangelisti mi spiegò che le sale erano passive ed era inevitabile che lo Stato se ne alienasse. Con queste sale i film che incassavano bene al botteghino potevano garantire -come spiegò tempo fa Jean Louis Trintignant- la “sopravvivenza delle pellicole di qualità senza attingere dall’alto”. I sindacati rimasero inerti e furono di una riguardosità estrema. Nel volto del presidente della Repubblica di allora, come in quello degli altri “congiurati, videro soltanto le stigmate della correttezza istituzionale. Molto “intelligente” e simpatico, Melloni fu favorevole allo “scongelamento” degli incassi in Italia dei film statunitensi. Quei dollari “congelati” spesi in Italia avevano dato, sino ad allora, vita alla cosiddetta “Hollywood sul Tevere”. Si era nel mondo della “dolce vita” con appaltatori fortunati: una villa sull’Appia antica riuscirono a costruirsela. “Quelle ville sono mie!”, ripeteva, quando la mente gli si illuminava attraverso i fumi dell’alcool, Ilia Lopert, uno dei “tycoons” degli Stati Uniti. Ai suoi miliardi “svaniti” ha supplito, da allora, il denaro pubblico. I risultato è un deficit di centinaia di milioni. Siamo partiti da lontano per dimostrare come in quegli anni siano state poste, nel cinema, le basi del dissesto. E adesso “Quo Vado”? Con la legge Franceschini si prevedono contributi al settore cinematografico di quattrocento milioni, centocinquanta in più rispetto al passato, per le case di produzioni indipendenti (scrive ancora la giornalista), non per quelle dipendenti dai network. Precisa Camilla Nesbitt: “… per noi che siamo una casa produttrice non indipendente il credito d’imposta rimane sì al 15%, ma solo per i prossimi due anni. Dopodiché non avremo più accesso agli incentivi… Visto che l’obiettivo della legge è quello di aumentare gli investimenti nel cinema non si capisce perché discriminare tra produzioni dipendenti e indipendenti…”. “E ora Taodue guarda all’estero…”, scrive Zanini. “E’ un’operazione importante non solo per noi, ma per il nostro cinema: per la prima volta siamo noi che esportiamo contenuti Oltralpe, un mercato che vale il doppio di quello italiano”, conclude la produttrice.

Maurizio Liverani