di Maurizio Liverani
Dopo l’infelice incontro di Matteo Salvini con il miliardario Donald Trump sembra che per il leader della Lega si cominci a vedere l’ampollina dell’olio santo. “Poverino, si è lasciato metter sotto da un miliardario, da un candidato alla Casa Bianca, popolare soprattutto tra chi produce una quantità enorme di mattoni per costruire mura che isolino gli Stati Uniti dal resto del mondo”. In quel “poverino” si potrebbe avvertire commiserazione solidale, non disprezzo; una commiserazione da guardarsene, più micidiale del disprezzo. La languida stretta di mano di Trump ha spronato l’umorismo della stampa americana. In Italia è passata quasi inosservata. Salvini in quella foto sembrava avesse un cinto erniario al cervello. Lo stesso cervello che ha varato una formazione politica improvvisamente avversata da tutti. Salvini si illudeva, con questo incontro, di diventare il gran timoniere dell’Italia liberata dai migranti; voleva forgiare una dottrina che perpetui il suo nome avvolgendo il “salvinismo” in una suggestiva implacabilità. E’ riuscito a soffocare sul nascere i suoi covi di dissenso e di ammutinamento. Ghiotto di comando, si è rivolto a Trump come a un uomo di una razza superiore; un tipo di magnate che tifa per se stesso agitando la sua chioma biondastra. Nel momento in cui negli Stati Uniti la sua popolarità aumentava, Salvini è corso per carpirgli un po’ della sua funzione egemonica. Si era illuso di porsi sul versante giusto al momento giusto. Per arrivare in alto ci sono regole fisse; una è quella di solidarizzare con la consorteria dei signori del dollaro. Non basta prendere un aereo e rendere omaggio a un probabile grande per diventare carismatici. E’ da tempo che Salvini non è più assistito da una buona sceneggiatura; ha cercato di cooptare i berlusconiani che esercitano uno stanco richiamo sugli anticomunisti. Chi assapora il piacere della malignità sussurra che il leader leghista è stato tratto in inganno attraverso questo incontro. Tornato in Italia, gli strappi, che aveva ricucito con Meloni e Berlusconi, si sono riaperti in maniera irrecuperabile. Nessuno vuol convergere con lui che cerca innesti nuovi. Da titanico eraclide della svolta appare ora un pavoncello con inclinazioni alla gigioneria.
Maurizio Liverani