di Maurizio Liverani
In questo ultimo scorcio di legislatura Matteo Renzi sfugge a tutte le classificazioni rendendosi, per così dire, ideologicamente indecifrabile. Con guizzi da Proteo salta a destra e a sinistra con impercettibile fulmineità seguendo i dettami dell’efficienza. La sua capacità di sottrarsi agli agguati facendosi trovare, di volta in volta, dalla parte opposta da quella in cui lo attendono i cecchini, mette in serio allarme. La sparo grossa: somiglia a Giulio Andreotti, cioè a un democristiano autentico capace di realizzare il miracolo di essere contemporaneamente in posizioni diverse. A sinistra per scelta, al centro per convenienza, a destra per fare un governo il più largo possibile. Questa dote precipua del democristiano, Renzi l’ha in eccesso, perciò spaventa i suoi avversari, soprattutto perché l’italiano si lascia volentieri sedurre da uomini politici con poche intenzioni, in fondo, salvo una, pericolosissima, che è quella di piacere. Quando tra un politico e una larga parte dell’opinione pubblica si stabilisce una situazione di questo genere, vuol dire che la domanda corrisponde all’offerta, ed è inutile ricercare quanto vi sia di voluto da una parte e di ingenuità dall’altra. In teatro si direbbe che Renzi è un protagonista, mentre gli altri sono dei caratteristi; invece di travestirsi da primo della classe, si contenta di usufruire del suo carattere personale. Tutti gli altri hanno verso di lui l’atteggiamento di chi si attende qualche brutto tiro e vorrebbero spedirlo al più presto nel limbo dei notabili. Ma il tempo stringe e non si intravvede un surrogato. Il presidente del Consiglio è sempre sulla soglia; sa che non si leverà mai il grido: tutto il potere a Gentiloni. Renzi è più che mai convinto che gli italiani, pur stimandolo, non si convinceranno mai di aver trovato nell’attuale premier il loro profeta. L’attività pituitaria ha reso poco, in Gentiloni, per quanto riguarda l’altezza, molto per quanto riguarda l’attivismo e la forza vitale; per il momento preferisce sorvegliare il traffico senza protestare nel timore che gli avversari lo sbriciolino. Dalla brughiera dei notabili nessuno ancora riesce a emergere. Renzi, in attesa che scocchi la sua ora, alza un po’ il mento con l’aria di chi si senta superiore al volgo; con la sua attività tribunizia sparge intorno a sé l’odore di chi miri a una “union sacrée”. Tiene in sospetto amici e avversari e ha valide atouts, ma da buon fiorentino si risparmia. Divenuto segretario del Pd, per un gioco di rivalità del quale si è avvantaggiato, si manifesta buono a qualunque cosa: niente meno che succedere a se stesso a Palazzo Chigi.
Maurizio Liverani