RILANCIO DELLA UE? RIMANDATO PER “RICHIAMI” ELETTORALI

di Barbara Soffici

La Brexit ha scosso la comunità europea, ha destabilizzato il Vecchio Continente;  in modo incontestabile l’uscita degli inglesi dalla Ue ha evidenziato tutta la fragilità dell’impianto europeistico. Di fronte all’instabilità provocata dalla situazione incerta e poco chiara, l’Europa è stata colta dal panico tanto che, improvvisamente, la diplomazia ha avuto un rigurgito “solidale”: Angela Merkel, premier del Paese pilota dell’Eurozona, ha convocato perciò i suoi colleghi Hollande e Renzi per progettare insieme il rilancio dell’Europa. I tre importanti incontri di Berlino, Bruxelles e Ventotene, avrebbero dovuto consolidare l’unità di intenti. Ma, passata l’euforia iniziale, ognuno ha continuato a seguire i propri interessi nazionali. Un mese fa, a Ventotene, era stato ribadito a chiare lettere il concetto che le “riforme italiane” trovano ampio apprezzamento da parte della Germania e quindi della Ue.  Per questo motivo la Cancelliera aveva prospettato  all’Italia la possibilità di occupare “il posto” della gran Bretagna nel gruppo di vertice dell’Unione. A quell’epoca sembrava che con lei e con il premier francese Matteo Renzi avesse stabilito una forte intesa. Tanto che, pochi giorni dopo il sisma del centro Italia, era stata sollevata, per il nostro Paese, la possibilità di una “flessibilità sui costi diretti del terremoto” e “altri margini di bilancio dalla Commissione Europea”. Ma, si sa, basta poco perché il vento nella politica cambi direzione. Le elezioni regionali nel Meclemburgo hanno visto superare la Merkel dalla destra. Da allora la Cancelliera ha iniziato a rivedere la politica concordata sui migranti e a difendere nuovamente le regole di austerità.  Durante il vertice G20 ad Hangzhou si è parlato molto della possibilità che i “rigurgiti nazionalisti” potessero “imprimere un duro stop alla globalizzazione dei mercati”, soprattutto con economie, come quelle della maggior parte dei paesi dell’Eurozona, che non riescono più a spingere sulla crescita e sono al limite della loro capacità di accoglienza. Il tentativo della Ue di trovare un aiuto dalle superpotenze per far ripartire l’economia e frenare gli esodi è, però, fallito. Il  lavoro “congiunto” dei 20 nel futuro riguarderà infatti solo la “forte, bilanciata, e inclusiva crescita globale”, senza alcuna attenzione verso i problemi del Vecchio Continente. Mentre l’Inghilterra  annunciava il progetto di una barriera anti-migranti a Calais per bloccare i flussi verso l’isola, l’Italia veniva nuovamente lasciata sola nella soluzione di problemi che dovrebbero superare ogni ideologia. L’incontro di Renzi, di Hollande e degli altri premier dell’Europa del sud con Tsipras ad Atene (ribattezzato subito anti-austerity) ha suscitato polemiche accese e accuse di “irresponsabilità” da parte di Berlino e della Ue. Le forti reazioni hanno dimostrato inequivocabilmente la scarsa apertura verso i problemi che affliggono i Paesi del sud. Bruxelles ha infatti subito ribadito “poco spazio alla flessibilità”, confermando poi una possibile modifica solo di “alcuni dettagli del Patto di Stabilità”. “Le regole vanno rispettate” è stato il grido di Pierre Moscovici. Qualche giorno dopo il Presidente della Commissione Europea  Juncker ha sottolineato, veementemente, la “crisi esistenziale dell’Europa” del dopo Brexit e quindi la necessità di una maggiore integrazione tra i Paesi; purtroppo, sulla questione dei migranti e della flessibilità, le sue argomentazioni si sono fatte improvvisamente ambigue. Poi, durante il vertice Ue di Bratislava, lo “strappo”: Renzi ha alzato i toni, ha palesato la mancata intesa con Hollande e  Merkel su “crescita e migranti” e ha detto “basta con l’austerity”. “L’Europa può esplodere”, e “ sui migranti c’è il rischio caos per incapacità”, ha rincarato nei giorni successivi mentre cercava l’appoggio dell’Onu per ottenere dalla Ue il rispetto degli accordi presi. Caduto il direttorio Merkel-Hollande-Renzi i “giochi” sono diventati sempre più evidenti. Angela Merkel, superata per la seconda volta in poche settimane dalla destra nelle elezioni del land di Berlino, colto il segno del “malessere crescente dell’opinione pubblica” riguardo la sua politica (soprattutto d’immigrazione) e della sua leadership, ha promesso di non far ripetere mai più “l’afflusso record di profughi del 2015”. Renzi invece, trasferita la competenza dell’immigrazione a Palazzo Chigi (per intensificare il controllo  dei profughi e l’accoglienza), si è detto pronto ad affrontare la questione senza l’aiuto della Unione Europea; poi, escluso dal direttorio guida della Ue dal vertice di Berlino (Junker – Merkel – Hollande) con gli industriali europei, ha continuato a “lottare” per ottenere un disavanzo più alto per il terremoto e i migranti, fino a poco tempo fa negato dalla Commissione Europea e la Bce, poi improvvisamente concesso. In apparenza le posizioni dei protagonisti di questa “soap opera” sembrerebbero contrastanti; in realtà tutti, in questo momento, sono affannati a conquistarsi solo il consenso nazionale, preoccupati delle tornate elettorali che li attendono. Così Renzi, per superare il referendum Costituzionale (fissato per il 4 dicembre), si batte per una maggiore flessibilità e per la condivisione europea dei profughi; al contrario Angela Merkel, scossa anche dalla imbarazzante vicenda della Deutsche Bank, in vista delle elezioni politiche del 2017, propaganda la politica del rigore ed è intenzionata a contenere i flussi migratori (rilancia però il progetto di accordi con i Paesi africani). Hollande, sempre in vista delle politiche del 2017,  invece tergiversa, è in bilico tra una posizione anti-austerità (che ben si allinea con i pessimi conti pubblici francesi) ed una di sottomissione alla Germania che ha il vantaggio, però, di “intaccare l’influenza italiana in Libia e in Egitto” e in generale in tutta l’Africa del nord, da sempre obiettivo di interesse della Francia. Data la situazione è probabile che si potrà parlare di una politica di rilancio della Ue, di riscrittura del Patto fondativo, solo il prossimo anno, a tornate elettorali concluse. Nel frattempo saremo costretti a rimanere nel pantano di un “teatrino di falsi interessi divergenti”.

Barbara Soffici