Freud dà un esempio di humour nero nel condannato a morte di lunedì che esclama sul patibolo: “Ecco una settimana che comincia bene!”. La stessa frase la potrebbero dire i politici che si accapigliano sul problema delle unioni civili. La morte di un grande scrittore come Umberto Eco strappa per qualche giorno l’individuo annoiato dal parlamentarismo e dal ritmo indistinto della vita collettiva nella quale, in assurdo contrasto con la morte, si ravvisa una rivalutazione di altri interessi. La morte di un’anima “eletta” svaluta momentaneamente i fastidi quotidiani. Chi detiene il potere e inconsciamente demolisce nobili aspirazioni morali, tira un sospiro di sollievo ed è contento di rendere grande omaggio al “caro estinto”; può organizzare grandi cerimonie, il morto testimonia che qualcosa di illustre il paese sa produrre. L’ingigantimento si riflette su tutta la nazione e anche su chi ne regge le redini. Insomma, l’”eco” rende tutti meno anemici moralmente; ci regala un momento di gloria prima che nuovamente la pagina nazionale si scolorisca. Gli italiani, che di solito leggono poco, corrono a comperare le opere del defunto cui si attribuiscono questi onori; la lettura può strappare dal flusso indistinto del video. Con astuzia, il governo fa sapere che lo scomparso era “uno dei nostri”, ma senza tanta insistenza: potrebbe essere di cattivo auspicio per la sua sopravvivenza. Alla dolorosa e altrettanto sentita scomparsa di Ida Magli si dà meno rilievo; la sua opera induce a pensare che la vita sia un “inconveniente”, come sostiene Emil Cioran. La vita andrebbe riveduta e corretta.
Maurizio Liverani