RITORNO ALLA VITA NELLE FOTO DI BEGONA ZUBERO

RITORNO ALLA VITA NELLE FOTO DI BEGONA ZUBERO

Dal 20 gennaio al Museo di Roma in Trastevere la mostra “NEEEV. Non è esotico, è vitale”  Fino al 22 maggio in esposizione 18 scatti della fotografa Begoña Zubero, che testimoniano l’inizio della ricostruzione della città di Mosul dopo la sconfitta dello Stato Islamico.

Con 18 fotografie che ritraggono la città di Mosul nel dicembre 2018, pochi mesi dopo l’attacco e la resa dello Stato Islamico, nei giorni della ricostruzione, si apre al Museo di Roma in Trastevere dal 20 gennaio al 22 maggio 2022 la mostra dal titolo NEEEV. Non è esotico, è vitale di Begoña Zubero, fotografa e artista di Bilbao.

L’esposizione è promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e dall’Ambasciata di Spagna in Italia. Servizi museali Zètema Progetto Cultura.

La selezione di 18 fotografie di grande formato fa parte di un progetto realizzato da Begoña Zubero durante la sua residenza di due mesi in Iraq, presso la Moving Artist Foundation, che cerca di mettere in relazione artisti che operano in zone di conflitto con artisti dei Paesi Baschi. Nello specifico, questa serie fotografica mostra la città di Mosul nel momento in cui inizia la sua ricostruzione, dopo la terribile offensiva che ha portato alla sconfitta dello Stato Islamico. Il momento in cui la città ritorna, sorprendentemente, a una vita quotidiana che immaginiamo impossibile, ma che risorge tra le crepe della distruzione, grazie alla capacità dell’essere umano di sopravvivere in condizioni avverse.

NEEEV non è un progetto prettamente documentaristico, anche se in parte si basa saldamente su questo registro; non si tratta nemmeno di fotogiornalismo, anche se Begoña Zubero non aveva mai lavorato con materiale così legato a zone di conflitto; questo lavoro vuole essere un’interpretazione di una realtà molto presente dalla quale ci arrivano, apparentemente, infinite informazioni, ma che di fatto rimane per lo più sconosciuta e distante.

Un caleidoscopio d’immagini, dal grandangolo al teleobiettivo, per avvicinare lo spettatore alla sensazione di incertezza e dualismo di un presente avviluppato in una perversa ripetizione storica.