di Maurizio Liverani
Il lamento delle donne che si sentono infastidite dalle attenzioni dei maschi ha riaperto il tema della sessualità. Sino a poco tempo fa ci si lamentava dell’eclissarsi del desiderio mentre Saul Bellow, dall’America, ci invitava con un bellissimo testo dal titolo “C’è speranza nel sesso?” a risvegliare nell’uomo e nella donna la bellezza e la gagliardia dell’attrazione, senza le quali un gran motivo di vita e di fantasia andrebbe perduto. Il sesso ha bisogno di una somma uguale di vizio e di virtù, di tenebra e di luce. Il vizio e il peccato sono entità reali, ricevono luce e grandezza non soltanto dal fatto di essere trasgressivi, ma hanno un vero e proprio principio di misteriosa grandiosità; un rapinoso fascino che accende il desiderio. Il sesso, divorziando dal vizio, è disceso dal suo trono e invano picchia agli usci delle case moderne per vedere se c’è ancora qualcuno che voglia approfittare dei suoi servigi. Il più grande vessillifero delle perversione, De Sade, ha scritto che occorre praticare il vizio perché conforme alle leggi di natura e che “la virtù non conduce che all’inazione, la più stupida e la più monotona”. L’adulterio con la sua “exacerbatio cerebri” acquisisce, ogni giorno di più, benemerenze sul fronte della trasgressione. Lo confermano le statistiche. Il sessanta per cento degli uomini è infedele. Le donne lo sono di meno; tenendo conto, però, che sono restie a rivelare i segreti intimi; nascondono meglio la loro innata propensione a trasgredire e a peccare. Il matrimonio fa dispetti all’amore; l’adulterio salva i matrimoni. Grazie al pentimento e al perdono l’adulterio può essere messo d’accordo con la fede cristiana. La pietra dello scandalo è il divorzio, non l’infedeltà. Eminenti teologi leggono nell’adulterio il senso del divino. La lampada del peccato si accende, la trascendenza incalza il peccatore e la peccatrice e li riconduce all’ovile domestico. “Oscurare” il peccato nel gioco erotico è d’intralcio alla visione divina. E’ per questo motivo che tra le figure eminenti e uomini di alto rango si trovano spesso grandi adulteri: “corrotto” indicava ai tempi dell’antica Roma il pianto che si rendeva ai morti. “Vestire il corrotto” anche oggi, toscanamente, significa mettersi in lutto. Tutti sappiamo com’è tediosa una coscienza che rimorde, soprattutto dopo un conclave sessuale. Concentrarsi in autobus o in metro sui riboboli sessuali cancella dalla vista le sgradevoli immagini cittadine. Uno dei maggiori doni della vita è la trasgressione, la più innocua è l’infedeltà. E’ facilemte accessibile e reca meno danno alla società. E’ immaginabile l’esistenza di una Chiesa vittoriosa che non avesse più a difendere i suoi principi perché pienamente adottati? L’adulterio agli effetti della virtù è un antagonista indispensabile. L’egualizzazione fra i sessi ha eliminato la “sperequazione” delle relazioni adulterine. Anche in questo campo -stando ai sondaggi- le donne stanno attuando il sorpasso. Il loro desiderio sessuale è più intenso e più duraturo di quello dell’uomo. Si è tornati ai tempi di Epicuro quando maschi e femmine approfittavano della massima, epicurea appunto, invitante ad andare alla ricerca più o meno raffinata del piacere. L’imprevedibile curiosità sessuale della donna moderna conferma la scettica riflessione di Ovidio: “E’ casta colei che da nessuno fu richiesta di favori”.
Maurizio Liverani
Copyright © 2014 – tutti i diritti riservati