di MAURIZIO LIVERANI
“Nessuno può essere patriota con lo stomaco vuoto”, scrive ne “L’iconoclasta” il giornalista William Cowper Brann. La perdita del lavoro assume i connotati del panico con l’arrivo di migliaia di migranti. Il presidente Kennedy disse una volta “Non chiedetevi che cosa può fare il Paese per voi, chiedetevi che cosa potete fare per il Paese”. Matteo Salvini ha colto questo appello facendone la sua ideologia. E’ diventato attivista principe del nazionalismo e della difesa della razza, ma, soprattutto, della “pancia” del Paese. Ha trovato sulla sua strada papa Francesco che interpreta l’avversione alla immigrazione come un’offesa alla religione. Se il creatore la pensa come lui deve essere un grande umorista e dovremmo dire con Oscar Wilde che la virtù non è altro che un vizio camuffato. La popolarità di Salvini aumenta ogni giorno perché è incurante di essere catalogato di destra. Tra la “fede” e la “panza” l’italiano non ha dubbi. Chi dà al leader della Lega del fascista farebbe bene ad approntare gli opportuni antidoti per contrastare un fenomeno che provoca in tutta l’Europa reazioni furibonde. Salvini ha portato a schierarsi con lui gran parte del mondo dei credenti; i più tenaci assertori della fede sono entrati in uno stato confusionale. Il “duce” di chi vive di stenti non ha paura di andare oltre un certo segno; non si atteggia a statista, si attribuisce un’intelligenza non eccelsa. A Roma, città un tempo odiata, c’è oggi chi sostiene che Matteo è “ ’na forza”, nel senso che è una macchietta che “va” tanto. Del padano è una caricatura assoluta e per questo può avere un avvenire politico. Si direbbe che fuori della politica il cervello di chi “va” tanto si sia educato a non fare servizio. Il politico, sia a destra che a sinistra, appare guizzante e immerso in una insormontabile catalessi soltanto quando deve scaricare collere contro i grandi leader. Il mondo politico, è bene ricordarlo, è privo di intrinseco merito. E’ finita l’epoca dei moralisti “zeppelin” e dei grandi sacerdoti della coscienza morale. Che si sia nell’anticamera di un regime è errato. Ci siamo già entrati da quando viviamo nel tempo kafkiano della paura. MAURIZIO LIVERANI