FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
SI CREDE UN MOSE’…
La tarantella che conduce, puntualmente, è quella di diventare premier. Luigi Di Maio è nato con la “voglia” che hanno taluni pargoli, quella di padre della patria in pectore. Wilhem Reich, famoso collaboratore di Freud, ha definito questa “voglia” “malattia incurabile”. Man mano che avanzano gli anni, Di Maio vive nell’incubo che questa “voglia” sbiadisca; si impegna ogni giorno a dimostrare che la modestia non è il suo maggior ornamento. Ritiene di appartenere a una razza superiore: quella che riduce i compensi ai parlamentari. Una trovata originale sulla quale si discute da decenni, segno che gli eletti siano pigri e lenti, ma con un altero e sereno sentimento delle proprie provviste; quasi un senso antico della propria predestinazione che non si è mai spenta né affievolita. Al cospetto di altri pentastellati si considera una carrozza di prima classe in rapporto a un calesse. Nel suo movimento anche chi non lo ha in simpatia lo considera un volenteroso, non una schiappettina. Circola nella politica illudendosi di godere di vasto credito e di immenso prestigio. Non sa che quando un politico diventa troppo ambizioso viene in fretta liquidato dall’apparato del partito che lo ha designato in modo che con il tempo potrebbe tradursi in bocciatura; è il sistema per soffocare le polemiche e per depennare un pericoloso concorrente. Di Maio non si sottrae alle lusinghe, non vuole appartenere al ceppo dei guidati; fa sapere di essere sempre “colui che guida”. Si atteggia a statista istintivo e talentuoso, dotato di un suo stile. Ha appreso presto che per arrivare in alto ci sono delle regole fisse: una è quella di solidarizzare, nel bene e nel male, con la consorteria dei signori dell’antipolitica, partendo dalla considerazione preliminare che tra i partiti vige una sorta di omertà non dissimile da quella della mafia. Ogni occasione è buona per sondare la resistenza della controparte cioè quella dei suoi avversari per i quali è assai arduo metterlo alla gogna. Con il sistema “usa e getta” ha ridotto a dei “ciula” alcuni importanti esponenti del suo movimento. Si giova di uno statuto privilegiato che gli consentirebbe un avanzamento con la prospettiva di restare nell’orbita del governo. Nella fitta brughiera della politica attuale gioca con se stesso al rialzo senza speculare, ad esempio con Matteo Salvini, al ribasso con gli altri. Originale, si fa per dire, è stata una sua affermazione: “Il passato è passato, guardiamo avanti”. La vittoria del “Sì” lo costringerà ad attenuare quella prosopopea spessa che di solito ostenta. Ma dopo la “debacle” del M5s nelle regionali per questo imprenditore di se stesso potrebbero nascere cupe odissee divinate da cartomanti grilline.
MAURIZIO LIVERANI