di Maurizio Liverani
La politica è, forse, la sola professione che non richiede alcuna preparazione. Per Talleyrand è sempre stata, e sempre sarà, un certo modo di agitare gli uomini prima di servirsene. Sino a qualche anno fa, un politico di professione era armato di sofismi enigmatici e corazzato di dogmi ferrei. Con il passare del tempo, guerra dopo guerra, insurrezione dopo insurrezione, la consapevolezza della tesi generale della colpevolezza, che va da un estremo all’altro senza distinzioni ideologiche, è un triste paradosso che ha condotto all’indifferentismo. Oltrepassati tutti gli stadi possibili, il politico si vergogna dell’etichetta del suo partito e si ferma senza avere il coraggio di offrirsi alla cancellazione, non attratto neppure dalla nobiltà del suicidio. La consapevolezza di aver combinato troppi guai in nome di ideologie inventate di sana pianta -comunismo e fascismo- potrebbe indurlo a un gesto di ribellione grottesca; troppi aspetti offerti dalla politica si imparentano con la citrulleria dei capocomici. E’ come se al cristianesimo togliessimo il “trascendente”. Cosa può succedere ancora dopo quanto è già accaduto? Non resta che la teatralità, la finzione. La decenza politico-sociale non si possiede, non c’è; la desideriamo soltanto. Per rifare monda la terra da quanto oggi la occupa turpemente non resta altro che far tabula rasa. Il nichilismo ha trionfato. Anni di finzioni si sono succeduti dando al popolo la sensazione di nobili principi per farne quella che Romain Rolland chiama “razza umana e sana”. Siamo al punto che, giunti al termine di questa sconcia o esilarante, fate voi, messa in scena, si comincia ad avere un popolo che, globalmente, si accorge di essere stato preso in giro. Questo fenomeno, che gli studiosi definiscono carismatico, si verifica tutte le volte che in un Paese le istituzioni si rivelano impotenti e inefficaci, i partiti sminuiti e screditati; cioè, tutte le volte che agli occhi di gran parte dei cittadini si profila l’alternativa: o la guida o il caos. Tanto per restare nel nostro campicello, i compagni italiani si illudevano di essere guidati dall’erede del grande satrapo. Questo fasullo gran sacerdote ha preso la via più infelice. Il capo della nuova sinistra, Pietro Grasso, che si autodivinizza con la voce di un fringuello, ricorre a frasi retoriche da teatro di varietà. Qualcuno dovrebbe aver gettato sul nostro Paese il malocchio. Più passano i giorni e più gli italiani si convincono di vivere in un mondo politico e religioso fragile e inconsistente.
Maurizio Liverani