SILVIO BENEDETTO: UNA MESCIUA PER BORGES

SILVIO BENEDETTO: UNA MESCIUA PER BORGES

di Giacomo Carioti

Jorge Luis Borges: un pilastro della letteratura e del pensiero, come Sciascia, Pasolini, Pirandello, Beckett… Punti di riferimento per cercare di orientarsi in questo nostro sempre più difficile tempo. Proprio per questo, figure privilegiate nella ricerca di comunicazione simbolica da sempre percorsa dall’artista italo-argentino Silvio Benedetto, che molti di questi protagonisti ha direttamente conosciuto, e dai quali tutti ha tratto ispirazione per elaborare, attraverso i loro immaginifici ritratti -che hanno fatto il giro del mondo nelle mostre di Benedetto, nei più prestigiosi musei e gallerie-, una visione della storia compatibile con l’aspirazione ad una migliore umanità.

Proprio a Borges è dedicata la mostra in corso a Roma (dal 23 ottobre al 6 novembre presso la galleria KOOB di Piazza Gentile da Fabriano 16), dove è esposto un nuovo ritratto di Borges che, ancor più dei precedenti, trasfigura l’immagine in messaggio profondo, in emozione partecipativa verso i contenuti di una esistenza che si riverbera tanto nel nostro vissuto intellettuale quanto nel nostro immaginario epocale.

In questo ritratto dalle mille sfumature emerge, oltre l’impatto emozionale, la sapienza dei materiali utilizzati da Silvio Benedetto; dagli specchi di contorno a quello incastonato in un occhio del cieco Borges, alle scritte che incorniciano e penetrano il volto (che si trasforma come un paesaggio letterario), ai toni soffusi e calcinati che segnano, più che il trascorrere del tempo, l’eternità di una parabola.

La “mesciua”? È l’insieme originalissimo delle basi pittoriche di questo dittico (olio, acrilico, tempera, matita e collage su tela) che Benedetto ha sapientemente amalgamato, elevandole a nuovo metodo per entrare, dalla piatta superficie del supporto, alla profondità dell’anima ritratta.

Giacomo Carioti