SILVIO E SILVIA: LA DANZA DI UNA VITA

SILVIO E SILVIA: LA DANZA DI UNA VITA

Il sodalizio di vita e di lavoro, di arte e cultura, tra Silvio Benedetto e Silvia Lotti, valorizza, pur in uno scambio intellettuale attivo, la loro personale autonomia stilistica che, da vent’anni, li fa convivere in armonia dialettica e che aggiunge vivacità alle loro creatività in comune (teatro, attività culturale, murales…).

Certamente quel sodalizio sa trovare momenti di consapevole distacco: in questi ultimi mesi che la situazione sanitaria mondiale ha reso difficili, Silvio Benedetto ha dato forma alle sue creazioni per le figure che pulluleranno sulle colonne del Re Sole antistante al Teatro Olimpico, e Silvia Lotti sta ultimando un suo libro di disegni e racconti.

Un altro esempio di “creatività parallela”, questa volta seguendo una stessa tematica, è nelle opere che i Silvi hanno creato sollecitati da una giovane studentessa di Campobello di Licata (provincia di Agrigento) per la sua tesi di laurea sul tema della danza; ognuno dei due artisti ha realizzato appositamente una propria opera e, inoltre, uno scritto ispirato all’opera dell’altro: sull’opera “Menade e Fauno danzanti” di Silvia Lotti, Silvio Benedetto ha scritto “La galassia di Silvia”; sull’opera “Danzatrice” di Silvio Benedetto, Silvia Lotti ha scritto “La terra che danza”.

NELLE IMMAGINI:

LA GALASSIA DI SILVIA

(di Silvio Benedetto: scritto ispirato all’opera in tecnica mista “Menade e Fauno danzanti” di Silvia Lotti)

Ancora le fantastiche galassie di Silvia Lotti. Gravità, elettromagnetismi, infinite policromie le compongono. Intrecci di toni. Arabeschi, forme reali e immaginarie – composte con sapienza – da dove Menade e Satiro danzanti emergono ancora con lo stupore d’essere presenti (emergono o originano?).

Un turbine che ferma il disegno e i segni nello spazio dopo chissà quale Big Bang. Una conchiglia da chissà quale Venere abbandonata. Pulviscoli cromatici che si agglomerano. Si fermano un istante davanti a noi e già fuggono, con quello stupore (che già ho detto) d’essere ancora, nel nostro presente, in un fotogramma di danza. Ma Silvia ben sa che nel mito pelasgico sulla nascita del mondo fu prima la Grande Dea che, emergendo nuda dal Chaos e non trovando nulla di solido ove posare i piedi, divise il mare dal cielo e febbrilmente danzò come turbinoso vento verso sud. Prima di creare il Tutto.

Quanto hai saputo, Silvia, far emergere dal bianco foglio….

LA TERRA CHE DANZA

(di Silvia Lotti: scritto ispirato all’opera in tecnica mista “Danzatrice” di Silvio Benedetto)

Piedi nudi ritmano l’atavico pulsare della vita. Percuotendola nebulizzano un poco di quell’arsa Terra cui appartengono evocando ancora l’antica Madre. E Lei si solleva polverosa, si lascia inumidire ora nel bicchiere sopra il puf di terracotta Florio primo Novecento, nella stanza al quinto piano accanto al Tevere, e cola lungo la morbida punta di pennello, fermata con maestria dall’abile mano di Silvio su cenerina cellulosa. Appuntando torsioni. Moto che si fa materia. Sicuro il tratto come l’incedere. Fisicità. Passo. Peso anche, ma che sa sospendersi, bilanciarsi, nel passaggio di stato tra il prima e il dopo. Lei si volta, forse cercando echi di antichi riti, forse per spingere ancora lo sguardo dalla carta a quell’altrove d’Africa che, remotamente, le fu casa.