FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
SPIRITI MOLLUSCHI
Non è da escludere che il presidente della Repubblica restituisca il favore per l’insediamento sul Colle ricevuto da Matteo Renzi. Il leader di Italia viva potrebbe ottenere l’imprimatur a primo ministro, ma è improbabile perché troppi griderebbero allo scandalo. Nessuno dei due vuole avvilirsi in ruoli di intrigante. Il trasformismo confermerebbe questo adagio: “Tu me dai ‘na cosa a me, io te do una cosa a te”. Renzi diverrebbe un premier al quale è regalato Palazzo Chigi perché tra tanti rissosi aspiranti è il più gentile con tutti. Chi avrebbe il coraggio di insultarlo, calunniarlo come nemico della democrazia?
Man mano che avanzano gli anni, Luigi Di Maio vive nell’incubo della “voglia” di diventare “padrino della patria”. Si impegna ogni giorno a dimostrare che la modestia non è il suo maggior ornamento; coltiva in sé la convinzione di appartenere a una razza superiore: quella che riduce i compensi ai politici. Teme di essere scambiato per un “guidato”; si atteggia, perciò, a statista istintivo e talentuoso. Ha appreso che per arrivare in alto bisogna solidarizzare sempre con la consorteria dei signori dell’antipolitica, partendo dalla considerazione preliminare che tra i partiti vige una sorta di omertà non dissimile a quella della mafia.
Abbiamo assistito ai tentativi di rimonta di Romano Prodi, il quale, con una visione esagitata e soverchiante del proprio genio, recita ancora con il massimo impegno la parte di cavallo di razza. Oggi Prodi è preda dei motteggiatori, “brilla per l’oscurità delle sue vedute”; e c’è chi ricorda i commercianti torinesi che in una tumultuosa riunione di molti anni fa si lasciarono sfuggire su di lui questa espressione: “a l’è na ciula”.
Sfiorato dal respiro della storia è Enrico Letta con il quale si potrebbe restaurare lo scudo crociato. Il personaggio è messo periodicamente in piedi per “infastidire” Matteo Renzi. Il carattere astrale del non più giovane Letta ci dice che il tempo delle larghe intese è prossimo.
Pedine insignificanti sono ormai Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema e Stefano Fassina. Ne sono coscienti sino alla disperazione. Di essere “out” se ne sono fatti ormai una ragione; soffrono, ma restano attaccati a un’ideologia riallacciandosi a Marx su un piano puramente retorico. Come scrive François Revel: “Stimolo emotivo, astratto, privo di portata teorica e pratica”. Queste cose le afferma in un saggio dal titolo “Né Cristo né Marx” in cui spiega che le due chiese, la marxista e la cattolica, hanno deciso, in Italia, di salvarsi alleandosi.
MAURIZIO LIVERANI