Prima condizione perché un giornale “vada” è che incontri gli umori dei lettori, coincida con certe direzioni profonde della loro consapevolezza. Nel momento in cui si fa un gran clamore in vista delle elezioni, gli organi di informazione sembra abbiano perso di vista la maggioranza silenziosa. La disposizione rigorosamente armonica con cui vengono rappresentati servizi e rubriche è quella dei giornali di tanti anni fa. Si fanno sforzi di modernità con civetterie stilistiche, ma il lettore che cerca indicazioni per il voto è stupito, per non dire scoraggiato, dal gran “vociare” che viene fatto sui consueti argomenti politici. Desta meraviglia lo spazio che acquista Matteo Salvini, il leader della Lega, destinato a far parte del pubblico, cui è concesso di calcare le scene senza riuscire, però, ad avvolgersi nel mito. Un mito non è oggetto di discussioni: vive, non fa appello alla ragione bensì alla complicità. Salvini non sarà mai divinizzato; non lo sarebbe anche se fosse della razza dei grandi capi. Schierandosi con una fazione, ha perso i suoi caratteri di indipendentista; con la semplice Lega appariva come il vessillifero di una certezza di cosa sperata. Strati di delusione si sono depositati anche sul Movimento 5 stelle, quando Grillo, uomo versato nell’arte della vanità, preso da uno scatto di nervi ha rivendicato la sua solitudine “sgrillaneggiando” il movimento oggi capitanato da Luigi Di Maio. La cattiva gestione di Roma Capitale appare, finalmente, ai cittadini un fallimento. Con Grillo veniva decantata come la miglior cosa al mondo. Insomma, questo partito che prometteva un ringiovanimento del Paese sembra sempre più orientato verso le frange affette da infantilismo. Gli estremisti sono volubili; passano dalla fiducia assoluta alla più stolida diffidenza. Eccessivi in tutto, sono bravissimi nel rafforzare il potere degli avversari. Queste oscillazioni, questi voltafaccia improvvisi danno colori vivaci al mercato elettorale, ma promettono disastri agli occhi degli elettori. La coerenza, anche quando si è nel torto, dispensa da tutto e, segnatamente, dalla riflessione. Lo stile dei telegiornali resta sempre quello di screditare, nel terrore che l’approvazione dimezzi gli ascolti. Se i giornali non vanno, una ragione deve esserci. E’ singolare che, vivendo questa flessione, sembra si accorgano solo ora del disamore crescente dei lettori.
MAURIZIO LIVERANI