TEATRO, CHE FARE?


FATEMELO DIRE

di MAURIZIO LIVERANI

TEATRO, CHE FARE?
Niente di nuovo sul fronte del teatro e del cinema. Lo Stato produce film ma anche ingenti debiti che tampona elargendo milioni che spesso prendono oscuri indirizzi. Nel teatro le sovvenzioni pubbliche non favoriscono la nascita di nuovi talenti. La sorte degli autori teatrali resta rovinosa. Ci siamo buttati allā€™importazione indiscriminati di testi stranieri creando il ā€œproblema dellā€™autore italianoā€. Con il pretesto di una nuova drammaturgia, di nuove possibilitĆ  espressive, il regista ā€œstataleā€ in pianta stabile subordina sempre il testo classico alle sue pulsioni; dice di andare oltre il testo per trovare un sottotesto scovato nellā€™originale. Si era aperto uno spiraglio dopo alcuni insuccessi di opere straniere, rivelatesi intraducibili nella nostra lingua e dopo alcune affermazioni italiane sulla scia delle nuove avanguardie, rappresentate dal compianto MemĆØ Perlini e dai ā€œCiompiā€ di Carmelo Bene. Fino a un certo anno ĆØ stato possibile parlare dello scrittore italiano di teatro come di un problema irrisolto. Oggi si preferisce non parlarne piĆ¹, dichiarandolo un problema inesistente. Gli autori hanno fatto i capelli bianchi nella triste posizione di postulanti o di esiliati volontari. I copioni rimangono nel cassetto. La loro eliminazione ĆØ avvenuta grazie a tre ā€œmitiā€: il mito dellā€™animatore magico, regista-drammaturgo che lavora su testi antichi per snaturarli; il mito del lavoro di gruppo che sostituisce lā€™autore con una imprecisata struttura drammaturgica; infine il mito del teatro politico-contestativo. Questi miti cui si aggiunge lā€™inamovibilitĆ  degli Stabili sono le cause della stagnazione attuale del nostro teatro ai limiti della sottocultura. Di costi, i direttori artistici non vogliono sentir parlare, se si solleva lā€™argomento il ā€œmaestroā€ diventa un cannibale cui ĆØ sottratto, allā€™improvviso, il Ā missionario dalla teglia; vi guarda stralunato e atterrito dal pericolo di non poter piĆ¹ affondare i denti nella ā€œcicciaā€ governativa. Il teatro italiano non ĆØ la ā€œcasa della libertĆ ā€. Eā€™ la casa dello scialo e delle farse desunte dalla tivvĆ¹ spazzatura. Si aspetta sempre il ministro che avvii il processo di risanamento di un teatro e di un cinema resi leggendari da furti, sprechi, abili combinazioni e favoritismi.
Ā —————————————————–
Al posto dellā€™ideologia ĆØ subentrata la disperazione.
Agli italiani piaceva Andreotti perchĆ© appartenente al parlamentarismo invertebrato, cioĆØ che non si poneva nĆ© a destra nĆ© a sinistra.
Chiamare lā€™UE una societĆ  di popoli liberi ĆØ una bestemmia.
Nellā€™ā€Orlando furiosoā€, Ludovico Ariosto scrive: ā€œLe antiche e le moderne storie sono piene che il ben va dietro al male e il male al beneā€.
Nellā€™immediato dopoguerra un presidente doveva avere una morfologia umbertina, adatta al compitoā€¦ la biografia era al riparo dalle investigazioni di magistrati ostili.
Siamo alla commedia allā€™italiana dove elementi drammatici e aspetti farseschi si combinano.
MAURIZIO LIVERANIĀ 

(Aforismi dai libri ā€œSORDI RACCONTA ALBERTOā€, ā€œIL REGISTA RISCHIA IL POSTOā€, ā€œAFORISMI SOSPETTIā€ e ā€œLASSUā€™ SULLE MONTAGNE CON IL PRINCIPE DI GALLESā€Ā di Maurizio Liverani)Ā