di Maurizio Liverani
“Non capisco come una mano pura possa toccare un giornale senza una contrazione di disgusto”; è una frase tratta dal “Diario” di Baudelaire che accusava la stampa del suo tempo di sommergere il lettore di nozioni ignobili con una “ebrezza di atrocità universale”. Se il grande scrittore francese vivesse oggi accentuerebbe il suo disprezzo verso tanti scribacchini che cercano di sedurre gli europei, sotto l’impulso del pangermanesimo tedesco, con l’ideale dell’Europa Unita che, una volta realizzata, sta segnando una linea di demarcazione netta tra commedia e farsa. La classe politica è sempre impettita di fronte a questa sgangherata Unione che vuol far credere di essere intrisa di principi e di ideali. Dopo i torti subiti dall’Italia -l’ultimo con il sorteggio per scegliere la sede dell’Ema- la maschera dei nostri governanti congela qualcosa di inquietante. Come volete che si vendichi un ambizioso deluso? L’importante è di far mostra di essere estremamente contento perché Paolo Gentiloni possa parlare di crescita come se questa sia il supremo approdo dei, così li vedono gli italiani, social-traditori di sinistra e di destra. Nel nostro parlamento è più facile parlare di speranze e di ripresa. Purtroppo gli italiani si sono accorti che dietro la facciata non c’è nulla; che da tempo la convenzione, la “routine” e la stupidità hanno svuotato quei beni (ideali e principi) di qualsiasi valore e di qualsiasi realtà. Persino la faccia del presidente della nostra Repubblica suscita l’immagine di questo dissesto in marcia. Uno stampatello sonoro, un maiuscolismo fonico non bastano a ridestare l’idea della speranza. La televisione e la grande stampa cercano di enfatizzare un momento favorevole dimentichi, come diceva Giuseppe Saragat, che un “destino cinico e baro” si accanisce sul nostro Paese. A questo cinismo sembra che il solo Totò sia ancora in grado, con la sua ironia, di aiutarci a reagire. Di questo miracolo del ridere fa gran uso il video non solo nel periodo estivo, ma anche in quello invernale. Cerchiamo e rimpiangiamo Totò perché è stato, forse, il solo da noi a essersi accorto dell’importanza di prendere per il gabbo la seriosità. Il principe De Curtis si prende gioco del cinema impegnato. Totò si è accorto che dietro la facciata non c’è nulla; che la convenzione serve solamente a nascondere un panorama di rovine risibili in cui l’incongruo, l’assurdo e l’idiota sono padroni assoluti del campo. Il testimone, in periodi come questi, torna all’attore che più di tanti altri comici ci aiuta a sopravvivere. Il principe De Curtis si attribuisce, a tanti anni dalla morte, la missione di ridere su quella illusoria fiducia in un mondo nuovo e quanto sia fragile il sogno di un cambiamento. Al culmine della disperazione, cito ancora una volta Emil Cioran, Totò dimostra che oggi non c’è che il caos in attesa che “passi la nuttata”.
Maurizio Liverani