Osso, Mastrosso e Carcagnosso sono tre cavalieri spagnoli. Nel XIV secolo fondano rispettivamente la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta. Qualche anno dopo muoiono, quasi contemporaneamente. Ma anche dopo la morte, continuano a tirare molti dei fili che muovono le azioni dei vivi.
In una scena sommersa da buste da lettere, i tre grotteschi cavalieri trascorrono il tempo eterno dell’aldilà ad esaudire le varie richieste che arrivano per iscritto, provenienti dal mondo di sotto e da quello di sopra:
San Francesco non vuole che si disboschi un parco per costruire un centro d’assistenza, un ragazzino vuole che si trucchi la partita del Palermo, scegliere il protagonista per il remake di Amarcord in cielo…
Ma all’improvviso giunge una lettera diversa dalle altre: un bambino chiede loro di sventare un imminente attacco terroristico. E, con un toccante candore, domanda loro di agire per realizzare la pace nel mondo.
Chi avrà mai osato organizzare una strage senza consultarli?
Sarà l’inizio di una guerra surreale, in Cielo e in Terra, condotta senza esclusione di colpi.
Note del regista.“Il Cielo è cosa nostra” racconta le losche attività post-mortem dei tre fondatori delle mafie: Osso Mastrosso e Carcagnosso, e dei loro altrettanto mostruosi avversari.
Ma mettere in scena il male comporta spesso dei rischi. Ciò che volevo evitare era rendere il male una cosa distante dallo spettatore che, rassicurato dall’”altro da sé”, dal non essere chiamato in causa direttamente da questo male, avrebbe potuto limitarsi a giudicarlo. Sarebbe stata una scrittura più comoda.
Ma abbiamo scelto un’altra strada.
La luce che oggi ho voluto accendere sulla scena è quell’interruttore schiacciato dal bambino, che oggi Illumina questi personaggi diabolici nel loro quotidiano, con i loro vizi, i loro capricci, la loro “normalità”, pur restando mostruosi. Ma, volontariamente o meno, comici. Come tutti gli uomini.
“Il Cielo è cosa nostra” è una rappresentazione del “male” sotto la forma della commedia nera e surreale, che veicola un messaggio forte e definito di avversione alla mafia, ma sfrutta i binari veloci dell’ironia.
Per far questo, il lavoro con gli attori ha richiesto da parte di tutti un particolare impegno.
Sono molto esigente, agli attori chiedo la cosa più difficile: la libertà.
Siamo partiti dalle improvvisazioni per arrivare al testo. Ma a quel punto gli attori avevano già la carne dei personaggi. Bisognava solo vestirli con le battute, che a loro modo gli attori hanno riscritto, interpretandole.
Questo spettacolo è la traduzione di un immaginario che la nostra generazione si porta dietro, mescolato con un ritmo sostenuto e toni grotteschi. Il risultato è che Vito Corleone può ritrovarsi a sostenere il provino per il film “Amarcord”, ad esempio.
Nel testo non vi sono giudizi dall’alto. La bussola drammaturgica è stata la frase di Giovanni Falcone:
“Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia.”
Per il resto, abbiamo giocato dall’inizio alla fine.
Con “Il cielo è cosa nostra” Francesco Colombo ha ricevuto la nomination miglior regia al Roma Fringe Festival 2016; Luisa Borini ha vinto il Premio Hystrio 2016 e Pietro Pace ha avuto la nomination come miglior attore al Roma Fringe Festival 2016
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Centro Spettacoli Teatrali
presenta dal 18 al 23 ottobre
Al Sala Uno Teatro
IL CIELO E’ COSA NOSTRA
Scritto e diretto da Francesco Colombo
Con Luisa Borini, Jessica Granato, Riccardo Marotta, Pietro Pace e Daniele Paoloni