Si guardano in cagnesco ma sono alleati nello snobismo. Aveva ragione il cardinal Rezzonico il quale a Giacomo Casanova, giunto per la prima volta nella Città Eterna, disse: “Roma è una città di infarinati, di presuntuosi che passano il loro tempo a smascherare i rivali”. Quando il tran-tran rischia, anche oggi, di rimpicciolire ancor più il pettegolezzo – noto come gossip – i giornalisti principi affrontano qualsiasi materia: dall’epidemia che ci allarma alle nefandezze del calcio. Tutto fa brodo. Non è affatto semplicistico interpretare in chiave snobistica l’arrivo inatteso e imprevisto del corona virus cui si attribuisce il carattere “snob”. Conclusione, la rivoluzione virale potrebbe prendere il posto di quella politica.
Bisogna convincersi che la scomparsa della credenza nella dannazione rende, ormai, vano ogni discorso moralistico. Togliatti (nella foto) era persino giunto a scoprire un singolare “lato poetico” nelle purghe staliniane. Il “volto nuovo” è trionfante sin dai tempi del Migliore. Consiste in questa formula: là dove siamo in minoranza e non deteniamo il potere chiediamo il massimo di libertà in nome dei principi della democrazia. Dove abbiamo il potere neghiamo la democrazia in nome dei nostri principi. Lo scomparso Lucio Colletti, nella sua intervista politico-filosofica, sostiene che per Togliatti “la cultura va separata e giustapposta alla politica”. Grazie a questo sdoppiamento, lo snobismo di sinistra sopravvive nella cittadella dell’intellighenzia nella quale l’intellettuale di destra anela a entrare, ignorando che i crimini di Togliatti affascinano ancora oggi la base nostalgica del comunismo.
MAURIZIO LIVERANI