di Maurizio Liverani
Che cosa, dunque, ci aspetta? Ad Aleppo, dove c’è una guerra sanguinosa, l’Onu ha chiesto ai contendenti una tregua di quarantotto ore per rifornire la popolazione di vitto e di cure. Belli spiriti, proprio belli spiriti: dopo quarantotto ore gli abitanti di Aleppo potranno così morire ben nutriti. Poi ci sono le lamentazioni del Papa che si preoccupa della sorte dei bimbi mussulmani falciati dalla guerra. E’ così autorevole che potrebbe rivolgersi ad Allah per chiedergli che i terroristi dell’Isis non uccidano vigliaccamente i cattolici. C’è il sospetto che con questi appelli voglia tenere lontani gli attentati dal Vaticano. Santifichiamo anche l’”inciucio” tra le due fedi? Non è un’ipotesi da scartare perché ormai gli ideali religiosi sono svisati da chi li sbandiera ogni giorno. La nobiltà e la generosità dei primi impulsi utopistici, nati immediatamente dopo la guerra, sono ridotti a calcoli freddi da chi, con difficoltose astuzie, vuol convincerci che siamo entrando nel paradiso Europa. Dittature di ogni tipo ci minacciano da ogni parte; sono le più subdole anche perché, incoscientemente, gli opinionisti si guardano dal denunciarle con nome e cognome. I media, con la super informazione, supinamente accolta dalla Tv, porta a una assuefazione al catastrofismo e alla “privazione” d’anima e di reazione. “La trasparenza del male”, uno dei saggi di Jean Baudrillard, ci dimostra ancora una volta la validità del vecchio proverbio: “Chi cavalca la tigre non può scendere”. E’ questo il più agghiacciante dei teoremi apocalittici; la storia torna sui suoi passi. Siamo rientrati nell’ordine del riciclabile con nuove guerre, nuovi e più intensi odi etnici, nuove forme di inganno all’ombra di religioni che alimentano l’industria di guerra. In mancanza di una “apocalisse nucleare”, il mondo andrà avanti nell’agonia dell’indistruttibile, come abbiamo più volte detto. Quella più utile agli opinionisti di casa nostra.
Maurizio Liverani