di MAURIZIO LIVERANI
Lo scontro elettorale tra i partiti in carica e quelli ansiosi di prendere il loro posto si è distinto, rispetto alle precedenti consultazioni, nel ricorso all’insulto, alla denigrazione, evitando accuratamente il vocabolario democratico. Gli elettori si sono ricordati della “formuletta” usata da Indro Montanelli che invitava gli incerti e anche gli schifati “a turarsi il naso e votare Dc”. Questa affermazione, senza la quale dovremmo sentirci orfani di intelligenza, orbi di tanto spirito, naufraghi, mutilati, è stata utilizzata questa volta anche da alcuni ex notabili di piazza del Gesù, come un “assist” alla loro politica. Sere fa, dal video assegnato a Giovanni Floris, il virgulto del casato Letta, Enrico, ha dilacerato gli avversari, poi risultati vincenti, presentandoli come analfabeti, ignari delle più normali formule di dibattito, cafoni; oltre che privi di principi e di frecce direzionali (cattoliche). C’è chi è arrivato a sintonizzarsi con Fortebraccio (Mario Melloni), corsivista dell’”Unità” negli anni ’60, strappato alla concorrenza, “Il Popolo” di cui era direttore. Per riscaldare la fama di spadaccino, Fortebraccio mise in piazza tutte le magagne dei suoi colleghi scudocrociati, da Fanfani a Moro. A sinistra lo consideravano un fascista, nel migliore dei casi una penna illustre, buono per il moralismo del teatrino delle indignazioni. Tanto è vero che Piero Ottone (oggi nell’aldilà) quando divenne direttore del “Corriere della Sera”, escogitò, per liberarsi dello sfavillio della firma di Montanelli, l’idea di fare un giornale senza firme. Il più diffuso quotidiano italiano entrò nell’epica del centrosinistra. Chi mancava, allora, l’entrata al momento del riciclaggio correva il rischio di restare fuori dal giro. Mario Missiroli – definito “l’uomo più intelligente d’Italia” – sdoganava dal centro il “Corsera” che dirigeva, ma non faceva ammenda di essere liberale. Lo stile dei comunisti nei dibattiti era zeppo di insulti e male parole, le stesse che Enrico Letta, dallo show di Floris, ha scagliato contro la Lega e il M5s. Con queste invettive il partito di Nicola Zingaretti cerca, smaniosamente, di riprendersi una rivincita alle prossime elezioni. Con gesti pieni di astuzia, Silvio Berlusconi si è messo da parte e i gruppi a lui ostili sono rimasti privi del loro più ghiotto bersaglio. Il risultato è che il “berlusconismo” può porsi in rilievo plastico strizzando l’occhio sia a destra che a sinistra. Presto troverà il versante giusto. Tutti sono posseduti da un “demone” particolare: papa Francesco, scegliendo la strada di onorare i santi e i simboli della cristianità. La Chiesa, a causa di queste effusioni, rischia non soltanto la sua autorità ma di esporsi a condanne; di apparire più come seminatrice di inquietudini che una propagatrice di una fede.MAURIZIO LIVERANI