TUTTI INSIEME CONFUSAMENTE

di Maurizio Liverani

Ci siamo, con poca accortezza, acclimatati dentro un pseudo finimondo. Si è presentata sulla scena politica una specie di “peste” di Camus in burlesco. Nel clima di opera buffa che emana dai nostri politici, i grillini furono accettati come una sorta di ringiovanimento politico. Noi italiani non abbiamo una buona opinione di noi stessi in politica. Nel confuso pollaio di Montecitorio abbiamo fatto entrare i cinquestelle con la possibilità di metterli, in caso di necessità, alla porta; questa è parsa una cosa ovvia. Sono stati fatti entrare e subito hanno offerto l’immagine di quei scalmanati desiderosi soltanto di fare piazza pulita. Questo gioco al massacro ha fatto comodo alla classe politica “stanziale”, utile per la sottocultura del potere, capace nel contempo di organizzare la protesta. Questo “vizietto” della sottocultura è durato a lungo. E’ emerso come un soffione boracifero il movimento dei dispettucci, capitanato da un comico sbadato. Vedendolo così, improvvisamente, ci ha dato la stessa impressione che si ha davanti a un ritratto di donna nuda indicata nel catalogo “Cammello sdraiato”. Nel giro di due stagioni il movimento si è rivelato una sferragliante catena di nullità. Deluso da questo coacervo di “insultanti” pentastellati, gran parte dell’elettorato ha ritirato loro il credito accordato. Chiudendosi il naso, l’italiano cominciava a guardare con inquietudine al comportamento di Casapound, composto da nostalgici di Salò, ma mai lasciandosi afferrare dal demone del rimpianto. In questa gran confusione è esploso il fattaccio di Ostia con il giornalista colpito da una “craniata”di un energumeno. Dopo questo episodio violento, un drappello di neofascisti, con modi garbati, senza eja eja alala, senza segni nostalgici, ha fatto irruzione nel circolo di una associazione benefica leggendo un testo contro l’immigrazione. Per dimostrare di avere la testa in fermento il lettore si è posto in netta opposizione con i vecchi metodi dei “manganellatori”. Forse, inconsciamente, rifacendosi a Togliatti, incoraggiava a non spaventare gli ascoltatori facendo sfoggio di un particolare bernoccolo politico. In sostanza, ha farfugliato che la destra non ama più i clamori e le bravate di un tempo; anzi li congeda. Molti, nello sguardo del cincischiante oratore, hanno letto un che di indefinibile; secondo alcuni, l’essenza di una nuova impresa trasformistica. L’umanità fascista cerca avidamente posizioni “concilianti”, segno che anche nell’estrema destra si vuole uscire da uno splendido isolamento e si possa gridare, magari in un cattivo italiano, “non siamo più emarginabili”. Le vie melmose della tattica politica avviano i professionisti sempre più in quelle del “volemose bene”. C’è da fidarsi?

Maurizio Liverani