di Maurizio Liverani
Questo popolo è stanco degli economisti, dei polemisti, delle beghe politiche. E’ stanco dei padroni, E’ stanco da quando si è accorto che la politica economica è il terreno preferito dal narcisismo degli uomini di governo. Il Tesoro, ad esempio, è un terreno sul quale si possono riversare scaltrezza, calcolo, circospezione e persino una certa carica missionaria. Come super-ministro dell’Economia, Carlo Azeglio Ciampi, prima di diventare presidente della Repubblica, ottenne la patente di grandissimo uomo di Stato. La gente comune lo ha stimato ma come scaltro e manovriero economista non l’ha entusiasmata. I politici che vanno in giro per l’Europa per apparire tra i burattinai che muovono i fili della politica non destano alcun interesse. Le loro facce ricorrono spesso sul video; è il momento in cui l’utente cambia canale. Tutti sanno fare così bene la parte dei riformisti che quando è scoppiata la questione del “sì” e del “no” al prossimo referendum, gli annoiati tra gli elettori voteranno “a dispetto”, cioè con la speranza che cambi qualcosa anche senza conoscere bene gli anfratti delle due posizioni a confronto. Un tempo ogni italiano aveva il “giornale amico”. Anche questo è venuto a noia, soprattutto da quando il quotidiano amico mette a confronto i bassi stipendi impiegatizi, le striminzite pensioni con i compensi astronomici di politici, ministri, economisti. Era fatale che alla noia si aggiungesse il discredito verso la classe al potere. Se al premier vengono attribuiti progetti di voler modificare questi alti compensi, chi è attaccato a questi privilegi fa sapere di essere “pur sempre un comunista”, è, cioè, in stato di grazia. Dovrebbe dare meno noia un personaggio come Renzi da quando aspreggia i suoi avversari ed è stato assunto come gallo in un governo in cui non ha bisogno di nascondere la cresta. Ai suoi nemici, che contestano la sua riforma, interessa “teatralizzare” calunniosamente la sua figura di primo ministro. Ed ecco che tutta la stampa scopre altarini che dovrebbero servire a porlo in una luce sospetta. Questo è il modo in vigore nella politica per colpire alle spalle l’avversario. Supplicano Pier Luigi Bersani di farlo fuori, magari con un “monocolore” che comprenda anche i berlusconiani. Il premier deve affrontare un Paese afflitto, appunto, dalla noia e che con uno “sparuto” ottimismo lo crede capace di cambiare le cose. Si sa che in Italia spira sempre uno zefiro antigovernativo; si insiste sul fatto che non sia ben visto in Europa. E’ un “dottor sottile”, apprezzato un po’ qua e un po’ là; per reprimere questi consensi si individuano accenti stalinisti nel timore che si ingigantisca la sua linea moderata. Il gioco al discredito comporta fatalmente un incremento alla noia.
Maurizio Liverani