di Maurizio Liverani
Il 2 agosto di ogni anno viene ricordata la strage della stazione di Bologna. Si contarono 85 morti e centinaia di feriti. Esplosero subito dopo le polemiche. La responsabilità non è mai stata chiarita ma entrò nel conflitto che dilania l’Italia fra destra e sinistra. Questo clima si prolunga da allora esasperando la lotta politica. Un fattore è emerso da quando il mondo arabo ha sempre più l’interesse a colpire l’Europa; questo proposito delittuoso era avvertito già allora ma non nella misura assunta in questi ultimi anni. Una informativa, cui non fu dato grande rilievo, segnalava l’Italia come nazione, unica, disposta a far trasferire una gran quantità di armi da parte dei palestinesi. Il nostro Paese era la sola via d’ingresso. Tra le forze che si opponevano si pose come mediatore il democristiano Aldo Moro. Negli anni ’70 si discusse a lungo sinché si giunse a un arbitrato che l’illustre democristiano denominò “Lodo Moro”. Ai palestinesi era consentito di servirsi delle ferrovie italiane per trasferire il loro materiale di morte verso il nord. Il 2 agosto del 1980 ci fu la deflagrazione. L’ipotesi che una valigia potesse esplodere, o potesse essere fatta esplodere, non fu per anni neppure ventilata. Questo lungo silenzio, probabilmente, non fu premeditato perché fatalmente l’arbitrato avrebbe coinvolto la figura di Moro, il fautore delle convergenze parallele. L’esplosione fu addebitata alla destra eversiva. Per non consentire che si inasprissero le polemiche con le forze politiche con cui si doveva gradatamente “inciuciare”, ci si limitò a chiassose deplorazioni ma un vero nemico non venne mai segnalato anche perché Moro, come è noto, fu ucciso in via Fani, forse per impedirgli di rivelare questa verità. Questa è soltanto una nostra ipotesi. La storia è proseguita nel senso voluto da Moro.
Maurizio Liverani