UN PADANO COATTO

di Maurizio Liverani

Con il suo gergo, con il suo linguaggio che somiglia a un borborigmo a Roma, città che un tempo odiava, sostengono che Matteo Salvini è “’na forza”, nel senso che è una macchietta che “va” tanto: quella del coatto. Diciamolo pure, ai coatti romani, sotto sotto, Salvini piace. Mentre al nord neanche i suoi più caldi fautori gli fanno credito di una riflessività –che si incarica spesso di smentire-, a Roma come coatto “sconfinfera”, lo considerano adatto al cinema dialettale; una pura figura comica come Alberto Sordi. Un Salvini così non esiste in natura, non è “vero” neppure in padania. Del padano è una caricatura assoluta e per questo può avere un avvenire politico. In politica è un personaggio facilmente revocabile, nel cinema può diventare personaggio principale. Carlo Verdone, maschera della comicità romana, diventa più popolare quando fa il coatto. Noi ridiamo della “drittaggine” dei coatti; sotto traccia i loro vizi sono i nostri e a riderne finisce per farceli vedere in una luce lusinghiera. Finiti ogni compimento, ogni speranza, ogni promessa, il verme solitario del “coattismo” divora tutto. Si direbbe che fuori della politica il cervello di tanti politici si sia educato a non fare servizio. Il politico, sia a destra che a sinistra, appare guizzante e immerso in una insormontabile catalessi soltanto quando deve scaricare collere contro i grandi leader. Il mondo politico, è bene ricordarlo, è privo di intrinseco merito; si ha la sensazione che a Strasburgo vi siano concentrati tanti uomini senza qualità. Matteo Salvini rappresenta la zona surreale, l’imponderabile, il grottesco, l’inverosimile. Ricorda uno spacconesco capitan ventura. Perché biasimarlo in un Paese in cui si ricorre per la carica di sindaco a un tipo come Fassina? Tra i politici da palcoscenico Salvini è un coatto autentico. Sono già pronti diversi contratti. E’ entrato nelle simpatie del cinema coatto.

Maurizio Liverani