di MAURIZIO LIVERANI
UNA STRADA A OSTACOLI
I dati dell’ideologia dei nuovi governanti sono ancora scarsi. Per alcuni Matteo Salvini sarebbe di centro, per altri di sinistra, per altri ancora addirittura di destra. Per molti nella sua mole spira un soffio nuovo che, per il momento, è uno zefiro che accresce la tetraggine di tutto l’apparato governativo. Luigi Di Maio è considerato un leader scendiletto. L’unica cosa certa è che Salvini vuol far bollire il suo capretto nel latte populista; si sente che il suo capoccione sta riflettendo sul come e sul quando provocare la crisi. Da governante cerca di far mostra di rare delicatezze; vorrebbe essere un tantino snob per confondersi con gli ex comunisti. Un ritorno al fascismo non è chic. Meglio il ritorno al centrismo soffuso di un fioco idealismo sociale. Sarebbe più opportuno si autoproclamasse re di un isolotto dell’Oceania invece di sperare di autoproclamarsi premier. Non è escluso che suoni il suo liuto sotto le finestre di Matteo Renzi, capovolgendo le indiscrezioni di compromessi con Silvio Berlusconi. Negli ultimi giorni, accelera i tempi verso le più impensate intese. Tutti stanno giocando al rialzo. Il M5s sembra apparire un partito comodino; Di Maio, pur essendo così giovane, è additato come un “ritratto d’antenato”. C’è un’evoluzione nei politici italiani come nelle epidemie e nei generi letterari. Di certo c’è che è in corso una tumultuosa contrattazione perché i cinquestelle possono adeguarsi a diverse imbandigioni. Salvini cerca di mettere in rilievo le stimmate della sua democraticità; sinora, visto il risultato, farebbe meglio a dedicarsi alla sicurezza dei ponti. Indossa a fatica l’abito del rinnovatore o del “trombettiere morale”.
MAURIZIO LIVERANI