di Maurizio Liverani
Massimo D’Alema cerca di nuovo di farsi largo tra i pretendenti alla successione di Matteo Renzi. Ricorda il De Gaulle della barzelletta: “Cittadini, compagni sono contento di me”; è una mina vagante. Al compianto Mario Monicelli fu chiesto se preferisse Berlusconi o D’Alema. Rispose: “Silvio è imprevedibile e simpatico come Totò; D’Alema è scialbo e antipatico”. Sembra incredibile ma la bocciatura di D’Alema dello scomparso regista ha fatto decadere l’ex leader da uomo simbolo a nullitĂ . Una trasformazione che ricorda la metamorfosi del personaggio di Kafka, questa volta da produttore di vini, non da scarafaggio. Da tempo si pavoneggia di un nuovo culto della personalitĂ , quello del viticoltore. Il suo fine è quello di far approdare sulle tavole dei compagni il vino rosso di cui è produttore, “oppio” dell’intellettuale. E’ la sua ennesima incarnazione strategica. Da maneggione getta discredito politico su eminenti figure del suo partito. Ha l’impronta di quella che i psichiatri chiamano “nĂ©vrose d’echec”. Con Palmiro Togliatti e persino con Enrico Berlinguer, che non era una cima, oggi Marx non sarebbe caduto in fondo al canestro della biancheria sporca. Tutto fa brodo, piĂą passa il tempo e ogni apparizione di D’Alema dĂ un’idea da “Lascia e raddoppia”. Ha l’ambizione tormentata di chi sa che ormai il comunismo è morto e rimangono soltanto i sintomi. Sul piano personale non si illude; la frattura provocata da Renzi nasconde una realtĂ . Il partito, come aveva previsto Leonardo Sciascia, non esiste piĂą, è una frantumaglia di correnti dove non si sa bene chi la faccia da padrone. La dinamica apatia con cui i piccoli leader si presentano in televisione si è tradotta in uno spettacolo desolante: quello dei guitti che simulano la salute del loro partito. A loro non resta che ritirarsi nella desolata e rassegnata rinuncia con il ritiro sotto la tenda piccolo borghese dei crepuscolari. Pretese europeiste e modestia di vocabolario. Il Pd nella versione renziana sembra un trenino giocattolo. Con la scelta di coltivare vigneti, D’Alema consiglia i compagni di ritornare in provincia e convincersi che in tutti questi anni hanno servito una causa nata da un vuoto automatismo delle labbra, un vaniloquio sorretto da un opaco raziocinio. Un tempo ai capi riusciva il compito di recitare la commedia dell’intelligenza, bastava questo per salvarsi perchĂ© il comunismo è comunque fallito. Tutta la politica italiana deve invertire la rotta.
Maurizio Liverani