di Maurizio Liverani
“I popoli più si conoscono e più si odiano”; questa era la convinzione di Ennio Flaiano. L’Europa Unita avrebbe dovuto essere il fiore all’occhiello della nostra politica; sta diventando un monumento alla inciviltà. Il famoso “Inno alla gioia” di Beethoven, fatto risuonare dal neo presidente francese Emmanuel Macron, aveva indotto molti a illudersi che la Francia fosse mutata da quella che conosciamo, cioè quella che ha per secoli cercato di umiliare gli altri popoli europei e soprattutto noi italiani. Abbiamo assistito passivamente al saccheggio della nostra ricchezza culturale in primis con Napoleone. Quando ricordiamo questa espropriazione continua dei nostri valori di cui andiamo fieri, i “baroni” della nostra politica non rispondono. Raccolgono queste obiezioni come se avessero la cera nelle orecchie; svaporano in una sorta di assenza dialettica e morale. Per liquidare qualche grugnito di protesta, c’è sempre a portata di mano la solita scusa: “i francesi sono nostri fratelli”. Nessuno che ricordi che anche Caino e Abele lo erano. Stendhal amava l’Italia e scrisse “Le passeggiate romane”; fu coperto di improperi dai suoi illustri confratelli come Paul Claudel, del quale Macron, improvvisamente, si rivela, dopo aver destato tante speranze, erede nella convinzione che siamo un popolo senza qualità. Si è dimostrato non solidale con noi nel cercare di arginare l’invasione di migliaia e migliaia di migranti. Siamo arrivati all’assurdo che navi britanniche scarichino nei nostri porti chi raccoglie in mare. Si è instaurato un clima in cui è rischioso mettere a nudo il “caso” su cui gravano sospetti di cattive intenzioni da parte delle nazioni che infrangono i patti. Il rappresentante italiano al Consiglio Europeo ha alzato la voce, come un pigmeo. E’ questa, dunque, la solidarietà che dovrebbe esistere tra i vari Stati europei? L’Ue, che doveva essere un luogo da favola, è una coalizione di popoli che non si stimano. Inutile cercare pretesti e spiegazioni; l’Europa ha sempre “funzionato” contro di noi. L’elettore italiano che vede la galoppante recessione non si lascia più gabbare dal mito dell’unione; non basta prostrarsi a un ideale, sposato da tutti, per servire gli interessi del nostro Paese. Le parole, infatti, sgorgano facili e fiduciose dalle labbra dei filoeuropeisti che noi, da qualche tempo, guardiamo come fenomeni da baraccone.
Maurizio Liverani