di Maurizio Liverani
Ogni anno il festival di Venezia si agghinda di lustrini per l’ecatombe rituale. La critica ha la grazia di far apparire il fallimento dei film in concorso come la miglior cosa del mondo, in mancanza di un autentico trionfo. Tutti sul red carpet si comportano come se possedessero soltanto ricchezze interiori; in cuor loro sanno che la cultura cinematografica non è piĂą vitale come un tempo. Il cattivo gusto si impone nel film italiano “Una famiglia” dove il regista Sebastiano Riso tratta il tema dell’ “utero in affitto”, “raccontando -scrive l’inviato del “Corriere della Sera”- un mondo che definire brutto, sporco e cattivo è ancora un eufemismo”. La presenza di un’opera del genere è giĂ di per sĂ© un autentico trionfo; gli autori si comportano, trattando un tema d’attualitĂ , come se possedessero soltanto loro idee chiare sul problema. L’attrice Micaela Ramazzotti sembra non abbia riserve nel mostrare gli aspetti piĂą gradevoli del suo corpo; purtroppo lo fa a servizio di una causa definita utile ma in un modo irritante. Anche da questo film nasce un vago sentimento che la terra sia minacciata di estinzione. Il corpo della donna da creazione di un gioco divino si declassa a strumento puramente riproduttivo. La sessualitĂ , invece di essere guardata come fonte di gioia, è braccata come seminatrice meccanica di esseri umani. Nell’intento di affrontare temi che sfiorano i limiti dell’indecenza si è spinto questo impegno a una specie di degenerazione alla quale l’industria cinematografica trascina un autore. Il vero sempre piĂą vero rischia di diventare il sordido sempre piĂą sordido. Assistiamo a una sorta di intossicazione che, lentamente, priva l’autore di quella profonditĂ di sentire, di quel senso magico della vita, di quel coraggio ideativo senza i quali non vi può essere grande cinema. C’è chi si è accorto in tempo e si è sottratto a questa specie di alienazione rappresentata dal realismo in senso unico. E’ difficile che la nota recensiva sia complice di questo tipo di cinematografia; la critica, però, ha il dovere di investigare sulle cause profonde e antiche della decadenza del gusto.
Maurizio Liverani