di Maurizio Liverani
Si annuncia un film su Silvio Berlusconi, diretto dal regista de “La grande bellezza”, Paolo Sorrentino. Non sappiamo nulla della trama, di certo che a spronare l’estro dell’autore c’è un leader politico che dissesta, da anni, il sistema endocrino dei comuni politici. Berlusconi è un autentico “divo” del liberalismo; lo ha dimostrato sin da quando mise alla testa de “Il Giornale” Indro Montanelli, convinto che fosse, come lui, un liberale autentico. Collaborando con l’uomo di Fucecchio si convinse che era un fac-simile; una grande personalità capace di porsi al confine tra destra e sinistra, spargendo, un giorno sì e un giorno no, il suo applauso ora all’una ora all’altra parte, sempre dichiarandosi diverso. Ma l’oscillare di Montanelli, pur di restare freccia direzionale a ogni costo, a Berlusconi non piaceva. Voleva “restaurare” il liberalismo credendo, ingenuamente, più nei presentimenti trascurando tutte le circostanze che lo dovevano rendere diffidente. Con lui si spacciarono per liberali personaggi simili a certi nevrastenici i quali, fingendosi liberali, avrebbero dovuto restarlo per sempre. La selezione naturale fra i veri liberali avviene, ed è avvenuta, attraverso gli scritti e il video. E, al momento di decidersi, Silvio si è accorto che il vero, unico liberale è lui. Gli altri, i simulatori, hanno ingigantito piccoli meriti, ma nel tempo hanno manifestato di essere soltanto delle comparse pronte a tutti gli usi. La destra con questi zuavi ha galleggiato nella politica richiamandosi sempre a Berlusconi, senza mai darsi una bussola ideologica. E’ stato facile per la stampa, quasi tutta ostile a Silvio, mettere in crisi una formazione politica che si era affermata esclusivamente per merito dell’uomo di Arcore. Chi tifa per lui gli rimprovera una non piccola magagna: di essersi circondato di ex di ogni provenienza, lasciando ai margini i veri liberali. Oggi, l’elettore più avveduto, che crede nel liberalismo, ha un solo leader. Una situazione che desta meraviglia, soprattutto nella sinistra che avrebbe bisogno, nel suo “furbastrismo”, di un cospicuo elettorato di destra liberale, affinché non si realizzi una destra illiberale. Silvio è impegnato, da solo, a evitare questo pericolo. L’uomo di Arcore non si lascia prendere da impulsi appassionati per la Lega o per i Fratelli d’Italia, perché in questo guazzabuglio ideologico avverte la “particula” antidemocratica. Mito floscio e sgangherato che, per il momento, rende solitario l’unico portabandiera del pensiero liberale che ha, come principio, tenere lontano i bricconi.
Maurizio Liverani