VOLEVA SALVARE L’ANIMA DELLA DC

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

VOLEVA SALVARE L’ANIMA DELLA DC
Negli sfoghi contro il suo partito, la Dc, lo definiva “ceco coacervo di imbecillità e di invidia”. Aldo Moro puntava a mettersi alla testa di un governo composto da democristiani e comunisti, senza farsi soverchiare dal Pci. Moro aveva individuato le colpe dei suoi compagni di partito. Quali colpe? Semplicemente, la corruzione come strumento idoneo ad “allargare” l’area democratica. Perché questo è il pericolo che si celava nel filocomunismo dei democristiani morotei. Leggendo quanto diceva in quegli anni Moro, ci domandavamo a quale punto dovesse arrivare la sottomissione al Pci per inglobarlo nel fronte democratico. Il conciliarismo strisciante praticato dai democristiani per fornicare sottobanco con i comunisti aveva portato all’indignazione Aldo Moro. Non era la forza del Pci a sembrargli più pericolosa, ma lo spirito di rinuncia degli uomini della Dc. Tra i più scaltri aveva individuato Cossiga, il quale era il più tenace a volere che l’Italia fosse intrisa di spirito occidentale, che fosse un campione dello spirito europeo, temendo che diventasse una provincia marginale del mondo orientale. Moro non tralascia occasione per definire la Dc “un partito che non intende imparare nulla dai fatti, vittima di una congiura della mediocrità e dell’incultura”. Accusa che accompagnava all’elogio del Pci: “un partito questo che ha dimostrato un notevole senso di responsabilità verso il Paese, perché non ha giocato un ruolo di rottura, non ha mirato a riempire un vuoto tra le forze sociali e politiche con un’azione distruttiva”. Mai era stato rivolto un così caldo elogio al Pci. Dopo la sua morte, è stato facile mettere in correlazione quanto diceva Moro del suo partito e la fine che gli hanno fatto fare. E’ a Yalta che le potenze vittoriose contro il nazismo decisero che nessun partito occidentale di ispirazione cattolica poteva allearsi con gli eredi di Stalin. E’ ormai inutile cercare i responsabili; si può tornare a parlare di Yalta, di Cossiga e degli altri “amici” che non fecero nulla per strappare Moro alla prigione di via Gradoli. I comunisti gli hanno dedicato una statua con l’”Unità” sottobraccio.
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Le polemiche politiche sono sempre e soltanto arruffati gomitoli di improperi.
Oggi, ogni proposta è descritta in termini di contrapposizione.
Con il loro “vociare” le parti in confronto provocano, inevitabilmente, convulsioni e portano a un’ondata di qualunquismo.
C’è stato chi, vedendo non appagata la propria vanità, si è detto ricattato.
Il riciclaggio della storia così come l’hanno concepito i partiti pur di sopravvivere, con gli scioperi, i sit-in, le sterili e infuocate polemiche, invece di proiettarci nel futuro ci restituisce al passato.
La confisca degli “utili idioti” a qualsiasi schiera appartengano è sempre un fenomeno che desta un certo disgusto.
Dopo conflitti, polemiche sbudellamenti, i cattivi abbattono i buoni; i partiti appaiano alla ribalta per aver recitato con abilità il tremendismo che è un’azione teatrale preparata ad arte.
Una nuova espressione, l’”entrismo”, si è iscritta nel lessico parlamentare, ma per indicarne la pericolosità.
MAURIZIO LIVERANI
(Aforismi dai libri “SORDI RACCONTA ALBERTO”, “IL REGISTA RISCHIA IL POSTO”, “AFORISMI SOSPETTI” e “LASSU’ SULLE MONTAGNE CON IL PRINCIPE DI GALLES” di Maurizio Liverani)