WALTER PUNTA IN ALTO

di  Maurizio Liverani

Walter Veltroni è fatto per essere pianto e rimpianto. Ma tra i capi degli ex comunisti non vuole uscire dalle loro fila come un Bonaparte. Più passano gli anni e più somiglia a un simpatico bambinone narcisisticamente fiero dei suoi bottoni di ammiraglio della cultura, mentre questa somiglia a una navicella di carta che affonda nella vasca da bagno. Con John Kennedy vivo, ha cercato di giocare l’”atout” della “nuova frontiera” disegnata per gli Usa dal presidente americano ucciso a Dallas. Pur di instaurare un gemellaggio con i fratelli Kennedy ha posto la sordina al loro anticomunismo. Veltroni ha saputo dimostrare di sapersi battere, sorvolando anche sulla maldicenza che gli attribuiva una piccola colpa. Questa: la storia non è il suo forte -commento beffardo del suo avversario, quello definito killer da Achille Occhetto- va bene alla cultura non all’istruzione. Gli ex comunisti “notabili” si fanno una guerra aspra tra di loro. Messosi un po’ da parte per sua volontà, Matteo Renzi ha invitato Veltroni a rimboccarsi le maniche e a dargli una mano. I piddini gli chiedono di salvare la faccia al partito non pilotando il governo, ma collocandosi in un ruolo di grande prestigio, come un autentico cavallo di razza. Chiunque si accinga a parlare del destino del Paese si chiede, per prima cosa, la ragione che ha indotto Renzi, Veltroni, Gentiloni ad abbracciarsi in un modo così glorificante. E’ un atteggiamento, questo, tipico di chi ha in animo un progetto molto chiaro. I tre recitano, come attori salariati, la commedia della “nuova” sapienza politica che intendono proporre alla nazione. Veltroni non si candida né alla segreteria né al premierato; in questa straordinaria esposizione di tutte le varietà e sfumature delle alleanze sornione, beate e un tantino accigliate si vede già sul Colle quando sarà scaduto il tempo di Mattarella. Nei suoi occhi si legge la speranza di un rinnovamento. Walter non si pone in una posizione anti-Renzi, vuole soltanto affermare una decisa personalità con una spiritualità inquieta; nulla da rinnovare ma soltanto da continuare. Senza scoppi di eloquenza tribunizia, presenta sul video una tenace posizione anti-bersiana e di essere stato scelto perché nelle cose della politica italiana possiede lumi speciali. La triade avverte che è giunta l’ora di uscire dalle sfere più basse del parassitismo statale. Alla “borsa nera” del riciclaggio, in questo momento, le lobby che detengono effettivamente il potere possono orientare le “scelte” dei “razziatori”, da non confondersi con i depredatori di poltrone, incarichi ed encomi. Tra i cavalli di razza è difficile far razza nei partiti. A Renzi e Veltroni premono le proporzioni del mito; hanno l’aria di volersi avvolgere in un manto di incorruttibilità. Come ex comunisti di nuovo conio chiedono ai vecchi risarcimenti perché un patrimonio di ideali è stato sciupato in vane diatribe, in oscure manovre, in cupi rancori. A loro chiedono innanzitutto di riportare in vetta le nuove leve e di non lasciare in mano al nemico quel comando tanto ambito; far capire che la loro tutela non è più necessaria. Se, al contrario, fosse indispensabile, tutti i dubbi sull’originalità, sullo slancio creatore sono leciti e fanno dire che il potere è ormai altrove.

Maurizio Liverani