di MAURIZIO LIVERANI
Confermiamo quanto abbiamo detto a proposito del primo ministro Giuseppe Conte. In questi ultimi giorni sta facendo sforzi sovrumani per apparire utile, realistico e moderato, soprattutto con i facinorosi colleghi dai quali vuol distinguersi. In politica si ha ormai la certezza dell’agonia dell’ideologia marxista, avvenuta così in fretta da lasciare sconcertato Matteo Salvini che della sinistra aveva fatto il bersaglio privilegiato. Vuole essere utile al Paese e amorevole con le migranti mamme; non vuole che approdino sulle nostre sponde i babbi. Per il momento tutta la sua dottrina è qui. E’ in disaccordo con Conte e con Di Maio, quest’ultimo impegnato a ridare slancio all’industria dei tubi. La dottrina che sostiene il governo non è frutto di una scelta, ma di una serie di rancori; non c’è ragione di scandalizzarsi o di irritarsi per quanto c’è di fintamente democratico, alla maniera borghese, nel comportamento di Salvini e di Di Maio. Probabilmente perché dotato di saggezza politica, Conte, evitando argomenti piazzaioli, ha stilato un programma che ai più sembra accettabile. Se il mondo va a destra, sempre più a destra, il premier vuol dare una patina ultrademocratica; sa da tempo che i partiti non hanno alcun fondamento scientifico, ma soltanto demagogia e fideismo. Di fronte a questo riflusso a destra, che alcuni sapientoni avvertono, emerge come un autentico democratico; si attesta sempre su verità. Ci sono voluti anni per dimostrare che sinistra è soltanto una parola taumaturgica al pari di fascismo. Le ideologie avevano un certo credito finché si spacciavano per dogmi e i dogmi si combattono con odio. Fascismo e comunismo, in Italia, sono due figure di comodo per consentire a piccoli borghesi di avere farcita la testa di ideali, scelte per entrare nell’apparato. Nel ’54, Palmiro Togliatti illustrò con brutale franchezza la politica che allora il pci preferiva: la politica del “tanto peggio tanto meglio”, della radicalizzazione delle forze, del “crolli tutto purché delle rovine possano approfittare i comunisti”. Messi da parte, questi postulati sono defluiti in gran parte in Matteo Salvini che inizialmente osservava l’arrivo delle tempeste con ansiosa speranza. Oggi, dopo il successo della cosiddetta destra, in tutto il mondo occidentale l’atteggiamento è più scaltrito, meglio, ammantato di considerazioni strategiche. La presunta minaccia della destra si ritrae, il fine ultimo dei nuovi venuti è la difesa delle istituzioni. I partiti, amaramente, devono constatare di sembrare dei cavalli slombati che tirano avanti una carretta vuota di ideali.
MAURIZIO LIVERANI